ero entrata in sala da pranzo col cuore nei tacchi dei sandali, dall'apprensione. Almeno, io lo sentivo circa a quel livello li. C'era già la contessa
meglio non mi risultavano poi niente antipatici. Lui anzi, il conte, a parlarci era persino divertente. E la contessa era molto gentile, mi chiamava
contessa, che piangeva addirittura mentre me li dava; ma quel che mi fece piú piacere fu di sentirmi dire da Remigio: - Però, che brava! alla seconda volta
di far con lei la parte della Giuda, quando era lei la Giuda ignobile) traditora dei suoi stessi parenti, con tutto che era contessa! Con questo
su, chissà da dove. Purché durasse. Ne avrei avuto un gran bisogno, l'indomani! Non era un bel pensiero, quello di tener testa al conte e alla contessa
discorso. Che cos'era che non sapeva ancora, Ippolita? Che cosa c'era, da sapere o non sapere? Mi uscí subito di testa, perché adesso la contessa si era
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e non rispondeva nessuno. Mi stufai e tornai dentro. Ormai era l'ora della prima colazione: in sala da pranzo la contessa versava il caffè al conte
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, dovevo pensare a omaggiare il signor conte e la signora contessa. Stavano nel salotto, che naturalmente si diceva salone, difatti era altissimo
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subito. - No, è per mia moglie - . Difatti me la fece vedere, e c'era proprio scritto Contessa Augusta, e il cognome. Però la calligrafia era quella, non
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un'altra persona la guardava. La contessa. Anche lei di nascosto, mentre tirava avanti con i discorsi tappabuchi; con un andirivieni di sguardi che si
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