mostravano i polpastrelli lisci e rosati. «I baffi li vedo, — pensava Cipí, — ma gli artigli dove sono? Adesso è il momento buono per scoprire il mistero
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. — Come sono felice! — esclamò, e insieme con babbo passero spiccò il volo verso il cielo azzurro. Al sole tiepido frullò le ali intorpidite, poi si alzò
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l'uccellino e voleva dire sí. Ma dopo un attimo ricominciò: — Mamí, che cos'è la pianta? — La pianta sono le braccia verdi dove ci riposeremo al primo
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volta e quelli che sono fuori, quando vedranno «lui» uscire, grideranno: «Pericolo!» Intesi? — D'accordo, — dissero i passeri. — Un'altra cosa
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lui esce quando io non ci sono. Forse le nuvole vi potrebbero aiutare, che sono sempre in giro. Cipí e la passeretta, senza stancarsi, decisero di
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sacrifici compiuti per i figli, ma disse: — Io sono fiera di te. Promettimi che resterai sempre cosí, buono con tutti, generoso, vivace e nient'affatto
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intorno alla casa dell'uomo e chiamava: — Cipí, sono qui! sono qui! sono qui! — Ma Cipí non la sentiva, perché fra le mani dei due bambini ne passava di
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. — Addio! — sussurrarono gli altri fiorellini. — Chi sono, Mamí? — domandò Cipí. E la mamma: — Sono fiocchi bianchi che Palla di fuoco pian piano
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, arrossì sulle punte dei petali, cercò di chiudere il viso nella corolla e con un filo di voce rispose: — Io... sono stata io... Cipí si mise a ridere
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stato? — dicevano. — È stato quell'antipatico animale coi baffi, — spiegò Cipí, — fingeva di dormire, pareva morto, io mi sono avvicinato per vedere se
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! L'uomo è ancora vicino, — sussurrò Cipí, — se vuoi guarire devi star quieta; e poi sono qua io, non devi temere... — Ho sete! — sospirò la passeretta
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salire incontro a lui! Ho gran voglia di scaldarmi al suo fuoco, di vedere i colori... vero, Cipí, che sono magnifici i colori? Piú di tutti a me piace
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fece scaldare dalle carezze di Palla di fuoco che faceva ormai ribollire la terra. Un chiaro mattino la passeretta disse a Cipí: — Sono guarita! Ho una
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. Allora anche l'ultima stella spense il lume e andò a letto. Che notte! Il nuvolone brontolava: — Dove sono i nemici? Buuumm. Se li trovo li accomodo
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, gridò la sua felicità: — Tre! — diceva. — Tre! Sono tre! Non gli uscivano altre parole, ma gli uccelli capivano cos'era accaduto. Fatto il giro del
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La prima a visitare i piccoli fu Mamí. Appena li vide esclamò: — Queste sono tre meraviglie! — e li baciò. I piccoli sapevano già dire: pipì, pipà
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farfalletta vagava nel cielo, ormai moribonda, sospirando: — Come sono sfortunata! Ho voluto aspettare a scendere ed ora nessuno gioca con me! Cipí e
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raggi erano cosí brillanti che Cipí ne fu abbagliato. — Passerì, vieni a vedere! — Nel buco nero ci sono due luci... ah, sono sparite! — brontolò Cipí
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quella, — ci sono andata subito da lui... — E lui che cosa ti ha detto? — Mi ha detto che i figlioli spesso lasciano la famiglia per andare in cerca della
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rimasto senza fiato, sussurrò a Passeri: — Vieni a vedere, Passerì... due stelle del cielo sono calate sul tetto e parlano... La passeretta
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. — Allora spiegatemi, — disse Cippicippi, — perché le altre volte quando sono andata da lui, i suoi occhi luminosi mi dissero parole buone, le sole
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Cipí. — È troppo poco per far cambiare idea agli altri... quando anche loro vedranno, crederanno. — Però potevano fare a meno di dire che sono un
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rispose. — Che pesci sono? — disse Gentile a voce alta, scendendo il basso scalino da prua al centro del ponte, e avvicinandosi ai tre marinai, seduti
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, giacché lui aveva capito che gli ingegni sono forme celesti, e non ciuchi alla macina.
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sconosciuta, guardando il pittore. Gentile si fermò, incerto. — Chi sei? — chiese. — Il mio nome è Shuade, signore, e sono tua serva. Il nostro luminoso
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: accostati senza timore. Sarà l'ora in cui le donne dell'harem escono a giocare fra i fiori. Sono giovani, le incuriosirai: sapranno che, se sei lí, non
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? — Certo, Madurer. Ma prima bisogna che ne parliamo, io e te. Bisogna che decidiamo quali sono i nostri desideri. Facevano molti giochi insieme, si
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Sultani sono meno arroganti dite», protestava Gentile. «Che sai tu dell'arroganza dei Sultani? Tu non sei che un pittore: fammi dunque il ritratto di una
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parlare della tua bellezza, favola dell'Oriente, e ne sono divenuto curioso. La mia vita mi sarebbe sembrata stupida e buia, se non avessi potuto vedere
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sono rimasta turbata. Il mio sonno, questa notte, era leggero: ho aperto gli occhi, ed ecco ancora costui che si muoveva dietro quel quadro. Per un
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della mia bellezza, poiché tu l'hai tanto amata da non volerla veder mutare. Io sono prigioniera dell'angoscia, giacché sento che questo ritratto, che
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dicevo, — spiegava Filippo, con movimenti di mani a rinforzare. — Anche ora, che non sono piú pittore di scarabocchi, davanti all'una o all'altra
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, e che bell'esercizio di donazione devota sarebbe, in arricchimento alla disciplina... Sono anche sicura che, a cose avvenute, mescer Francesco tuo
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nemmeno i sapienti teologi, o i filosofi, abbiano avuto parole per parlarne compiutamente... — Io, invece, ne sono certo, Diamante, — disse il pittore
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devi sapere che, come molti del mio mestiere, io sono assai portato a parlare durante l'opera... Di solito discuto con i miei compagni, giacché è
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della montagna, — disse, — quella dove ci sono anche i ladri di bestiame. E proprio in un bosco di cedri. Non è mai completamente illuminato dal sole
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. — Sei tu Sakumat, il pittore? — E questa è la mia casa, uomo delle montagne. Chi sei? E perché mi cerchi? — Io sono Kumdy, uomo di bastone del burban
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8. — I pesci sono infiniti, Sakumat? — Non infiniti, — rispose il pittore, aggiungendo pennellate azzurro-verdi al mare, — ma certo nessuno li può
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ci sono segni diversi in questo suo malore, e nemmeno è precoce: anzi è questo il piú lungo intervallo tra le crisi che abbiamo potuto misurare. Del
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. Con l'erba e i fiori. Non come quelli che abbiamo fatto sulle montagne e le colline, però. Quelli sono visti da lontano. Io vedevo un prato con erba
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. — Questi fiori gialli sono facili da fare... Ne posso dipingere uno anch'io? Sakumat rimase con il braccio sollevato, immobile, e abbassò la testa. — Cosa
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. bastino, - disse Sakumat. — Ma sono complete! — osservò Madurer. — Il Tigrez è grande nel mare, e piú grande non potrebbe diventare. Il prato è
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, precisamente! — E adesso sono nove, — contò il burban, — nove soltanto. — Sí, nove. Otto femmine e un montone. E sai perché? — Forse è venuto un orso, di
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detto? — Che il Tigrez va a trovare i suoi orizzonti. Questa è una poesia. — Allora io sono un poeta, Sakumat! — E piuttosto bravo, direi, — disse il
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sono andati lontano. Andati e tornati molte volte. Poi... Si assopí improvvisamente, bruscamente, come gli accadeva sempre piú spesso. Il burban
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leggende antiche. — Non ti inquietare, mastro Domenico, — sorrise il pittore. — Sono solo ubbie da chierico... Dimmi invece come proseguirà il mio
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l'ho chiamato e ho chiesto la sua opera per decorare le tue stanze. Egli ha portato con sé molti pennelli e colori, e le sue mani sono come quelle di
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subito i vostri nomi: però ne abbiamo ancora, e non sono risolti, su a chi di voi chiedere e affidare l'opera... Il Doge tacque, volgendo ai lati lo
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che non sempre le terre o le navi dove sventola la bandiera cristiana, sono migliori di quelle dei fedeli di Allah.
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e totali: ogni suo gesto, ogni tocco della sua mano, hanno in sé la gravità e il dolore, e anche la gioia esaltante, di una scelta... E io sono poi
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