di porsi come modello di comportamento umano, sulla sua capacità di realizzare il fine ultimo dell'impresa umana, la salvezza, si pone al principio
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speranza di una salvezza ma non più in cielo, in terra. Per tutto il Seicento l’autorità sulla tecnica e la responsabilità della sua giustificazione
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decisive, invocare l’alibi della storia antica e della natura universale. Lombarda è anche la sua religione, borromea (lo dice il suo cognome); ·a Roma si
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La basilica di San Giovanni è altrettanto antica e degna di venerazione, è stata la prima sede del Patriarchium, la sua storia si identifica per più
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formale dell’essenza dommatica e storica della Chiesa è proprio la sua recente restitutio, la ricostruzione durata quasi due secoli ed a cui hanno
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Poiché la sua architettura deve adempiere alla funzione di conservare, fin da principio (come si vede dalla serie dei successivi disegni) concepisce
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gigante, della sua scultura, l’architettura del Cortona appare piuttosto come la riduzione e la concentrazione della sua ricerca formale: la scala gigante
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-allegoriche. Ma proprio quell’enfasi oratoria era l’obbiettivo ultimo della sua poetica: nella lettera già citata, dolendosi che taluno (leggi: il
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principi di uno sviluppo immaginario coerente, con un processo di graduale abbellimento, che a sua volta rientra nella concezione di una realtà
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interesse per l’antico è molto più tiepido che quello, diversamente orientato, dei suoi due grandi contemporanei. Per la sua mentalità borghese la
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A proposito della sua prima opera importante, il Casino Sacchetti al Pigneto, il Portoghesi ha osservato acutamente che la costruzione è Tutta fatta
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Il non-finito è una qualità dello stile plastico di Michelangiolo, una esigenza della sua poetica neoplatonica, l’espressione della sua insofferenza
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tendenza neoveneta che caratterizzava, fin da principio, la sua pittura. Più che una deliberata scelta stilistica si tratta, mi pare, di una scelta tematica
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tecnica universale, ad una «architettura perennis». È solo con Pietro da Cortona, e con la sua revisione veramente critica del lascito formale del
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l'architetto non vuol più che lo spazio architettonico abbia un centro ideale: esso non è più definito da una sua struttura, ma dai suoi limiti e nel suo
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’Italia settentrionale: collegamenti che spiegano l’analogia della sua posizione con quella dei pittori della corrente detta neo-veneta e particolarmente
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profondità ma alludono tuttavia a una profondità, che non è più effettiva, perché risolta nella superficie, né illusoria, perché la sua misura è esattamente
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forme della sua architettura mira a produrre un’emozione collettiva, così come la musica che accompagna le funzioni tende a determinare uno stato d
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inventato felicemente quel titolo. Il quadro rappresenta l’Infanta Margarita con la sua piccola corte, mentre viene ritratta da Velázquez. Ma dubito
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nuovo quadro si sta formando nella sua mente. La radiografia pubblicata da José Lopez-Rey rivela un pentimento: nella prima idea il pittore volgeva di
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tramite della rivelazione. Contesta così, recisamente, il carattere cattolico-romano del Barocco: dissacrandolo e destoricizzandolo, rende possibile la sua
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Da questo momento l’interesse di Michelangiolo per quella che doveva essere l’opera suprema della sua vita va sempre più declinando. Nel 1524, quando
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riceve, attraverso le regole quasi matematiche del contrappunto, fino a che la sua linea continuamente ripresa e moltiplicata in declinazioni diverse si
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fenomeno, ed ogni fenomeno è in qualche modo un miracolo perché la sua origine è sempre divina, non v’è alcuna ragione di distinguere la luce
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, si potesse immaginare. Si può dubitare che il Guarini l’abbia scelta proprio per la sua irrazionalità? L’impostazione di un peso su un vuoto è un
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un’architettura civile o mondana. Ed anche questo, non meno della separazione della tecnica dall’esperienza e della sua identificazione alla scienza
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movimento dei colori, della vita splendida della corte. Se la società è teatro, e la corte una società eletta, deve avere la sua scena e il suo pubblico. L
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, spiacendo a sé e all’arte, per amicizia o per spirito civico o, magari, per una sua politica professionale). Se queste cose Vittorio le avesse dette per l
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La chiesa di Carignano è tipologicamente nuova, con quella sua pianta a ruota dimezzata, a cui fa da mozzo lo strano pronao interno, un mezzo
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, e si capisce, parlano dell’Italia e della sua grande tradizione formale; ma per molto tempo almeno, l’Italia è soltanto l’insegna di un gusto. È il
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maestri italiani, si presta a quella delicata operazione di separar la forma dal contenuto (forse perché la sua forma già tradisce la perduta fiducia
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voleva essere la rivelazione visibile di una legge che, per la sua verità logica, assume valore di domma: la filosofia naturale classica che la
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insieme di giudizi pratici, il cui processo s’intreccia al processo del fare artistico, cosicché grandissima è la sua utilità didattica (disc. XI, in morte
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’Illuminismo, Gainsborough è, fra tutti, l’artista che raggiunge nella sua pittura, e forse proprio perché non ha lasciato trattati o memorie scritte, la
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legati alla stessa catena, sviluppa naturalmente il tema della varietà in senso allegorico, cioè la sua immaginazione si sviluppa su un piano
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interno, molto diverso, nella sua estensione e nel giuoco delle relazioni, dallo spazio esterno. Quando Hogarth compone una scena, la situa in uno spazio
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sorprendente ricchezza d’argomenti, che spiegano perfettamente il carattere della pittura di paesaggio della seconda metà del secolo e le ragioni della sua
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Una delle ragioni che hanno determinato, in passato, uno scarso apprezzamento della pittura inglese è appunto la sua debole consistenza formale, la
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del genio, l’incontro felice di arte e cultura, ma ora rettifica quel giudizio: Michelangiolo è «sublime», anche in ciò (e non è poco) che nella sua
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tutta la sua opera, la stessa angosciata incertezza sul significato — di salvezza o di dannazione — degli eventi. Comunque, il destino non potrà essere
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Tanto Constable, nella sua franca dimestichezza con la realtà quotidiana, quanto Blake, nei suoi tempestosi scontri col divino, sembrano, e non sono
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prosastica o narrativa che raffigura qualcosa di già veduto o saputo: esploratrice di «regioni sconosciute», l’arte ha la sua patria in quell’alta e
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a quella sprezzante aristocrazia intellettuale, che giustifica l’interpretazione marxista che Antal ha dato della sua opera, come prima espressione di
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, la preziosità dell’eufuismo elisabettiano, le cadenze convenzionali del teatro di corte rimangono così potenti nella sua opera che gli esegeti
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scorrevolezza verbale, della mobilità delle immagini. L’oggetto della sua «esplorazione» non è lo spazio architettonico del creato, ma il labirinto
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’emozione, per Fuseli, non ha nulla di patetico o commovente, è un fatto morale. Non nasce nell’anima sensitiva da una sua misteriosa comunione con la
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Al confine dei due secoli, la sua rimane un’anima ancipite, piena di fascino e priva di vera grandezza: un’anima che non sa rinunciare all’edonismo
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dello scultore, lo scultore il prototipo dell’artiere: facile, dunque, l’associazione della sua figura con quella dello scultore-artigiano, dell’abile
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strumento della sua salvezza, o forse sa che per volare nel cielo dello «ideale» o del «sublime» ci vuol altro che ali di cera e di penne legate con lo spago
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«bellezza» della forma del Canova è proprio la sua incomunicabilità, impenetrabilità, irrelatività: il suo porsi come non-esistente e non-spaziale
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