scienza comincerà proprio quando questa imparerà a servirsi, per il lancio delle proprie ipotesi, dell’immaginazione. Per il Bernini il vero non fa
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costrutto, un’effusione naturalistica del sentimento. Il sentimento vero, quello che non è compiacente giustificazione del peccato ma infuocata spinta
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possibile2». Ma il dissenso è tutt’altro che provato, È vero che anche nella lettera del 15 marzo 1647, scritta quando i lavori erano già avviati da dieci mesi
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-— longitudinale e centrale--si sviluppa in un vero e proprio smembramento del corpo architettonico della facciata. L’occasione, questa volta, è
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insieme architettonico preesistente, il cortile con doppio loggiato di Giacomo della Porta. È vero che il Borromini assume i lati del cortile come un
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assunto teorico e neppure da una filosofia: se così fosse il non-finito sarebbe, come più volte si è detto, il vero finito, mentre il non-finito di
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, cioè una «perspecitiva artificialis», il secondo. È vero che, per tutto il Quattrocento e gran parte del Cinquecento, si è cercato di associare o
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erigendo intorno alla tomba un vero e proprio tempio sepolcrale. Ma il progetto prescelto, del Bramante, si trasforma presto in un piano di ricostruzione
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, ultimati quei lavori, torna al progetto incompiuto, quei remi sono ormai spenti, svuotati, incapaci di sostenere la carica del furor. E vero anche che
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manieristico. Vero, ma tra Zuccari e Velázquez ci sono, in mezzo, Caravaggio e i Carracci. La cosa nuova detta da Velázquez è che l’ispirazione non mette in
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non visto, in penombra: è la posizione di chi non vuol copiare ma sorprendere il vero. Quella dell’artista non è finzione; fingono le bambine e i nani
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di grande ancona a nicchia con la Madonna e il Bambino entro una mandorla — sono d’ispirazione tipicamente cristiana. È vero che la trasformazione è
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e come adeguamento delle forme dell’edificio alle usanze del paese. È vero che il Guarini, monaco teatino, ha lavorato quasi sempre per ordini
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vero nel verosimile o nel possibile; è piuttosto un sistema di correzioni ottiche con cui si libera il sistema di rapporti proporzionali dell’edificio
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qualitativo dell’invenzione. È vero che il Guarini non può fare a meno di trattare degli ordini architettonici, che costituivano pur sempre la morfologia
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Vittone, è anche borghese: soltanto che provincia e borghesia nel Settecento, in Piemonte, significano progresso e non involuzione. È vero che il
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Benedetto, primo architetto del re, era nato e cresciuto a Roma; e aveva conservato il vezzo di parlare toscano, «ancorché il parlare italiano sia un vero
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vero che anche la scolastica assegna all’arte un fine educativo: ma si tratta di un’educazione religiosa, i cui effetti si estendono automaticamente
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dominio dell’opinione che a quello delle idee: tant’è vero che tutto il complesso sistema teorico del classicismo barocco italiano e francese si riduce
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influì profondamente su Hogarth e su Reynolds, conservava ai dir vero ben poco dei presupposti ideologici del classicismo barocco: null’altro che la
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nasce dal nulla, è vano mettersi a inventare senza aver prima raccolto tutta una massa di materiali (disc. VI). È vero che l’arte è il prodotto del genio
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invincibile riluttanza a lavorar dal vero: e dice ben chiaro che l’oggetto della imitazione dell’artista è la società. È già discutibile se un quadro di
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vero naturale.
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) non ripete uno schema strutturale già dato, ma si organizza attraverso l’operazione del pittore. Non soltanto: ma lo stesso contatto col vero, che ora
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impegnata sul vero. Spingendo il discorso alle ultime conseguenze, si ha che il quadro «di storia», essendo frutto di pura immaginazione, ha il suo fine
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di ritrovare quell’immagine mentale nel vero, di poterla identificare con un oggetto, di incontrare se stesso nella natura. Ma già Hogarth s’era posto
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gusto. È vero che ha sempre una funzione educativa: ma anche la conoscenza dell’arte classica, che non aveva conseguenze pratiche e costituiva soltanto
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formalismo michelangiolesco, arriva alla distruzione dello spazio e della forma; Constable, che guarda il vero con l’educazione ricevuta dal
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good-natured men che furono Reynolds e il dottor Johnson e, nel fondo, sempre fedele ai grandi temi ideologici dell’Illuminismo. È vero che lo
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vero che «le membra dell’architettura dipendono delle membra dell’uomo» e che «chi non è stato o non è buon maestro di figure, e massime di notomia, non
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audacemente col moderno. (Perciò, se per Fuseli, Michelangiolo è il genio fuori del tempo, Leonardo è il vero creatore dell’arte moderna). L’apparizione delle
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di poetica, una proposta di riforma. Al di là del mito classico e del motivo moderno, il vero tema del gruppo è la Scultura. Dedalo era il prototipo
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