a Bologna, al ritorno da Roma nel 1611-12, concepisce una storia in maniera non meno intensa di come avrebbe fatto Caravaggio: il dramma esplode
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’altra direzione. Un sacello, in quel punto, avrebbe interrotto la continuità prospettica dei quattro bracci della croce, ingombrato lo spazio vuoto
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pascaliani della «géométrie» e della «finesse»; come Montaigne, avrebbe potuto confessare che in fondo dipingeva sempre per se stesso, né c’era altro da
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, «fuyant la confusion», avrebbe detto Poussin: anche il dolore della moglie di Germanico si iscrive nello schema, classico, esemplato sui sarcofagi antichi.
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