’antinomia non venga soppresso d’autorità. Ma quando questa soppressione forzosa non avviene, un’altra caratteristica colpisce: che, cioè, l’antinomia non
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Bisogna tuttavia prevenire un’obbiezione. E cioè: tanto il primo modo di considerare l’opera d’arte, nella sua struttura, quanto il secondo, al
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accade con l’impressione, se si faccia pernio cioè su quello che può ricostruirsi circa i moventi e i sentimenti dell’artista, le fonti, le influenze, e
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Riconoscemmo a suo tempo la prima eventualità — l’arrestarsi cioè alla costituzione dell’oggetto — nella fotografia e nel cinematografo. Più tardi
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’arte, al modo cioè che uno riceve una legnata sulla testa, se come tale non la individua nel suo foro interiore, con un atto autonomo di riconoscimento
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strutturale denunzi la sua apertura, e il genere dell’apertura. È a questo punto allora che s’affaccia la possibilità dell’equivoco, quando cioè l
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intendendosi, per tema spaziale un tema iconologico o iconografico, e cioè né il tema della chiesa né quello del palazzo o del monumento?
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si rivela poi a posteriori, compiuta cioè sull’impressione che l’opera d’arte genera, non sull’opera in sé e per sé.
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, e cioè il filone che si denomina a turno neo-costruttivista, gestaltico, arte programmata, ed ora op-art, ma la cui caratteristica comune e fondamento
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assai meno illusiva, assai meno invogliante di quella che si potrebbe vedere in qualsiasi cartellone americano. Avviene cioè la stessa riduzione che in
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finite, e precisamente nel senso in cui l’opera si consuma praticamente nell’immediatezza del presente, diciamo pure gastronomicamente, e cioè nel
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’arte, riproduciamo allora non già l’atto creatore del suo autore, ma l’atto con cui, estraniandola al divenire, creandola cioè, egli la calava nel flusso
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, compiere cioè una riduzione fenomenologica assolutamente originale. Tale riduzione approda allora al riconoscimento di una epoché singolarissima, in quanto
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fotografia quel che si è detto, e cioè un modo di fermare a vista senza formularlo, l’oggetto, intenzionato in certa maniera nel flusso esistenziale (e da
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’attitudine del fotografo in quanto si ponga più distante da quella dell’artista, e cioè col minimo o con l’assenza di investimento simbolico. Senza l
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-fenomeno-non-è, ed è cioè il caso che, ancora come ipotesi, chiamiamo opera d’arte. Il secondo, analogo ma non identico, è quello in cui l’intenzionalità
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sceneggiata tutta drammaticamente. Si ripresenta cioè, anche per il cinema, quell’illusione tipica della fotografia per cui sembra valere solo per avere fissato
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come presa d’immagine e della fotografia come restituzione di un’immagine in movimento nella sua durata temporale; e cioè la differenziazione fra
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E cioè il suono fotografato ha subito un’evoluzione simile a quella dell’oggetto visivo, in quanto che dallo scrupolo iniziale di registrazione come
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Se per causa, infatti, s’intende l’autore, in quanto crea l'opera, e cioè sceglie, aduna, compone i mezzi fisici che la costituiranno, una causa va
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’architettura intendeva quasi sopprimere la tettonica, e cioè ridurre la tecnica al minimo, con un evidente regresso sulla pratica europea del tempo
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Ma forse la cavia più illustre delle indagini psicoanalitiche è Leonardo da Vinci, che dal 1910, dal tempo cioè del famoso saggio di Freud, ha visto
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, arbusto di rose, e coniglio alludono all’amore di Venere per Adone, e cioè ad un mito in cui il Rinascimento vedeva sia una prefigurazione della passione e
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fare ciò, si può anche subire l’illusione che, avendo accantonato l’opera come opera d’arte, senza cioè porla in discussione sotto quest’angolo, non si
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, interrogare questo fenomeno che è la montagna, e cioè accantonare la sua presenza imminente, oggettivandola, per indagare come si sia formata, di quali
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in quanto svelato, e cioè dell’essere» 7. Donde l’altra asserzione, in cui la concettualizzazione dell’opera d’arte come realtà si trova espressa
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dell’ipotesi esibisca istantaneamente la verifica dell’ipotesi stessa: l’ipotesi cioè non anticipa il fenomeno, ne spiega le modalità. Nel caso delle
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Nelle due ultime attitudini l’opera d’arte ha dunque subito, nella coscienza del ricevente, una valutazione che finora non si era incontrata, e cioè
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come primo rispetto al comportamento che assumerà una coscienza prendendone atto: e cioè il caso, ad esempio in cui apro una porta, dietro cui non
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poesia, le parole — e cioè il gruppo di elementi di percezione — serviranno alla intelligenza interna della poesia e non per l’informazione che
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L’esempio ha dunque chiarito un punto fondamentale, e cioè quella oscura «intelligenza di se stessa» a cui deve l’opera d’arte l’apparente
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in senso formale, estetico, ma sulla base della improbabilità, e cioè su base statistica. L’informazione o originalità è funzione dell’improbabilità
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Questi nuovi concetti hanno un’utilizzazione evidente per il campo per cui sono stati formulati, il campo cioè dove l’informazione si valuta per
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della recezione dell’opera d’arte, pur se la si inquadri solo sotto quest’ultimo aspetto, e cioè dalla parte del ricevente. In questo senso l’estensione
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stimolo può essere prodotto da un’infinità di differenti sollecitazioni esterne, e cioè ad uno stesso stimolo non corrisponde sempre uno stesso oggetto
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più «indifferente», e cioè meno carica di assunzioni e di aspettanze riguardo all’oggetto stesso, mentre questo oggetto potrà presentarsi in una
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connotazione del messaggio in codice non si limita tuttavia al modo di presentare la fotografia, dal testo cioè o dal titolo o dalla didascalia che può
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, la distinzione fra immagine come immagine e immagine come segno non potrà intendersi preclusiva che, anche in questo secondo caso, e cioè all
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altro con lo storicizzarsi dell’artista in quanto uomo, con la sua biografia cioè, sicché il trapasso dalla biografia — e per biografia si devono
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e semiosi si presentificano alla coscienza stessa. In modo particolare, per quel che riguarda l’opera d’arte, e cioè la pura astanza alla coscienza
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intenzionale delle strutture verbali» 6, è costretto ad osservare che qualsiasi genere di condotta verbale è orientato verso un fine, è intenzionale cioè: ma
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ditta e dei prodotti: paste alimentari, salsa ecc.), l’immagine denotata (quello cioè che nudamente rappresenta), l’immagine connotata (e cioè tutti i
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ascolta. Così le innovazioni introdotte dalla musica seriale nel codice tradizionale della musica, l’hanno resa, per i più, incomprensibile: e cioè non
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che fa il significato di un’architettura, la sua sostanza conoscitiva, e cioè l’uso a cui è destinata, rappresenta una genericità più che una
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della meccanica di Newton rese possibile nei tempi nostri: fino all’avvento cioè della meccanica quantistica e della teoria della relatività. Ma, oltre
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: «vel, ut vulgo ajunt, quod nihil fit sine causa». E cioè sottolinea che tale formulazione, pur continuando a esibirla unitamente al principio di
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). Riconosce Heidegger che, sebbene accettato fra i principi primi — e cioè i princìpi di identità, di differenza, di contraddizione, del terzo escluso — neppure
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Ma proprio questa inevitabile riduzione dell’a-priori all’a-priori universale della correlazione (e cioè a condizione formale dell’esperienza diretta
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allora di due facce di un unico evento, come di due ipostasi cioè, ma di un unico evento esaminato a due livelli diversi dalla conoscenza, a due
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radicale della storia come catena di cause, in quella di Croce, cioè, a cui non riuscì di eliminare ad ogni livello la ricerca delle cause; «se ci
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