, quando non si impacciava, di diventare anche ricca e modulata, d’esser la voce di quel «Nabi très japonard», un profeta molto giapponese, cioè, come lo
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risposta che è accettabile, ma che va completata. Essi dicono che «più che la natura (la esperienza diretta della vita, cioè) ciò che condiziona l
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cubista, espressionista, astrattista, realista, quel tanto che gli serviva di essere, avvalendosi cioè dei modi delle scuole un tempo fissi solamente
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belletto, nelle unghie, da se stessa, la seconda, per opera del pittore; cioè è espressa nel quadro la felicità della donna di essersi fatta l’abito
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(cioè è disegnato con una mezza orbita soltanto).
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Certo, queste osservazioni non bastano ancora per accettare l’opera nei risultati, cioè nel suo valore poetico; bastano solo per comprendere il
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Ma vediamo ora qualche altra opera di Picasso del primo gruppo, dei due da noi descritti più sopra, e cioè alcuni di quei dipinti che sembrano
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raccoglierne i significati e ad ampliarne la portata». «Fortuna», beninteso, non nata dal caso, fuori cioè delle possibilità di Picasso; e se Guillame
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»: quando cioè Picasso per la prima volta non in termini dei suoi trascorsi populismi (del periodo «bleu» e «rosa») ma con la consapevolezza di un
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pittore realista — rappresentano nel clima dell’arte moderna... il solo tentativo di dar conto di una realtà totale, vista nel suo svolgersi, e cioè
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accettazione condizionata di un momento dell’artista reputato dalla critica come il più tipico, la fase cioè figurativa (per noi di gran lunga meno
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avverte infatti che anche il figurativo (cioè l’immagine riproposta con l’antica logica, la accettazione dei generi, la unità, perfino, della visione
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errato in una delle nostre proposizioni critiche: che cioè non si potesse oggi dipingere o scolpire fuori di un riferimento, anche minimo, alla realtà
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pittore di sempre, raggiungendo cioè risultati che sono squisitamente pittorici, e non decorativi o patologici o di trovata.
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Le scoperte di Fautrier, legate a quelle della generazione successiva a Picasso, degli astrattisti non manieristi, cioè ai Pollock, ai Wols, ai De
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Studio per un ritratto di Van Gogh N. 1 — il più sobrio di tutti — e in Figure in un paesaggio 1956; il Kokoschka del 1913, cioè dei ritratti dai
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generazioni; la istanza a fare astratto, a liberarsi cioè da ogni appesantimento aneddotico, da ogni orpello folkloristico, regionale, da ogni
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nota in alcune opere un futurismo sui generis, già molto pittorico, sposato cioè alle esperienze del cubismo analitico, come in Creola, Studio di
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netto, di una preistoria mafaiana (quando cioè l’artista nei suoi paesaggi raccoglieva «il vibrare cromatico capace di imprimere vita alle cose
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particolare degli isolati; se cioè non facessimo ancora una volta leva sul nostro modo di vedere le cose da spettatori, o da viaggiatori in casa.
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sia, cioè, la mostra di un artista che osa tranquillamente presentarsi con le opere di ieri e quelle di oggi «costituendo... indizio di una coscienza
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sola, cioè emancipata, o, se si preferisce, che è troppo culturalmente sola, per attingere dalle tendenze odierne quella linfa che gli occorre.
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insopprimibile necessità; finita la quale, finita cioè la vita, anche il risultato dell’opera dovesse sparire: perché era per lui più importante avere
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di Medardo Rosso, dalla sua epoca: il gusto cioè di un’immagine emancipata per via della oggettivazione massima (per far ciò non v’è bisogno di
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momenti psicologici ritornanti, quando cioè egli cessa di essere allegro per ascoltare o pensare cose che sono serie e basta; e così non si può non
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quarantena, fuori cioè della estimazione della critica ortodossa, tutta volta ai «valori puri», oppure se lo stesso artista in questo anno ultimo si
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alcuni e cioè: Lorenzo Vespignani, Alberto Sughi, Giuseppe Zigaina, Ennio Morlotti, Gianfranco Ferroni. Giovanni Stradone e Fausto Pirandello.
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volta, riuscivano rivoluzionarie (emblema di una nuova moralità, nella gelosa consapevolezza di uno stile), oggi (cinquant’anni dopo, cioè) la medesima
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Forse la nudità squallida della «Regina» vuol dire ammonimento, angoscia di eguaglianze nella deformità? Ma se così fosse, se cioè si volesse
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pantomima di mantelli, si rimane inappagati, con la nostalgia di più esplicite definizioni (cioè preferendo in cuor nostro alcune delle opere del primo
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Una osservazione si è spinti a fare dinnanzi alle opere di Delacroix, di carattere più psicologico che critico, e cioè che, mentre gli Impressionisti
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gli innumerevoli problemi del pittore, ma per dimostrare, all’opposto, che tanto la regola del «quadro storico» quanto la sua eccezione, cioè, del
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dipinto con una quantità di schizzi, disegni, pastelli, e quando esegui l’opera, adottò il metodo dei Cinquecentisti veneziani, dipingendo cioè con
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