Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La regione

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Sturzo, Luigi 50 occorrenze
  • 1921
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 194-231.
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Da molti si è creduto sinora che le questioni del decentramento amministrativo, dell'autonomia locale e della costituzione della regione fossero da lasciare ai professori ed ai comunalisti, perché l'opinione pubblica e gli uomini esponenti di essa non si sono appassionati a tali problemi; si seguiva in ciò quasi inconsciamente quell'indirizzo che la politica burocratica italiana ha assunto come suo speciale cómpito: svuotare, cioè, l'amministrazione libera ed autonoma di ogni cómpito specifico, rendere i controlli amministrativi e contabili strumento politico, ridurre a semplice attività dipendente dallo stato, quella che doveva essere manifestazione e attività amministrativa libera e responsabile. D'altro lato ogni ulteriore forma di attività, specialmente nel campo sociale, veniva organizzata dal centro al di fuori di ogni organo elettivo e rappresentativo di interessi generali, tendendo contemporaneamente alla formazione di organi classisti, speciali, particolaristici; ai quali perciò veniva tolta la caratteristica propria e la libertà organica, per il fatto stesso che si affidava a elementi burocratici la ragione politico-sintetica e la decisione definitiva di ogni questione tecnica e amministrativa. Quali e quanti siano i comitati, le commissioni, le giunte consultive, autonome, miste, presso le prefetture e presso i ministeri, non lo può sapere nessuno, e sarà difficile fare una guida del perfetto cittadino, che dia il filo, novella Arianna, per girare sicuro il labirinto della nostra burocrazia. Come ultima espressione di simile tendenza, fin da prima della guerra, ma con sistema accelerato e durante e dopo la guerra, sono stati creati monopoli, enti, consorzi, federazioni, istituti amministrativi, commerciali e industriali, per poter riuscire a risolvere un problema assillante, quello di sfuggire agli eccessivi controlli dello stato e alle barriere amministrative costruite dall'abile mano burocratica per il cosidetto gioco di scaricabarile, ovvero rimbalzo delle responsabilità, e avere nello stesso tempo il denaro dello stato, al di fuori di quella elementare responsabilità politica che costringe il ministro a rispondere dei suoi atti al parlamento.

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2. - Il primo atto collettivo fu quello del congresso di Bologna (giugno 1919), approvando l'ordine del giorno di monsignor Gentili per il rispetto delle autonomie delle terre redente; e seguì tosto altra affermazione politica nelle dichiarazioni del presidente del consiglio on. Nitti nel luglio 1919 ad una commissione di deputati popolari prima e al segretario politico del partito dopo, a favore delle autonomie delle terre redente, specialmente scolastiche, che per il significato della nomina dell'on. Credaro a commissario di Trento sembravano compromesse. Questa posizione presa dal partito popolare fu costantemente continuata dal succedersi di ministeri; si ottenne che nel discorso della corona e nella legge di annessione, se ne facesse speciale accenno; si deve all'azione singola e collettiva dei deputati popolari e della deputazione trentina la più oculata e strenua difesa di quelle autonomie. Come a coronamento di questa azione il sottoscritto, segretario politico del partito, andò a Trento nel gennaio 1921 per una solenne affermazione autonomistica e regionale.

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Prima di entrare in argomento, credo opportuno riassumere brevemente come si sia svolto il pensiero e l'attività del partito popolare italiano attorno a tali problemi e alla loro pratica soluzione.

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«ritenuto che uno dei postulati fondamentali del programma del partito popolare è l'autonomia e il decentramento amministrativo a base regionale; e che a tale criterio si e ispirato il gruppo parlamentare nel proporre l'istituto delle camere regionali di agricoltura, come ente autarchico, primo esperimento di decentramento amministrativo dell'agricoltura (che è così varia e distinta nelle diverse regioni d'Italia) e di rappresentanza di interessi di classe a base sindacale (vero elemento ricostruttivo del paese);

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In rapporto a tale voto, i deputati popolari del mezzogiorno (luglio 1920) deliberarono il seguente importante ordine del giorno:

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«affermando che i consorzi di provincie, proposti da alcuni, se possono avere efficacia per interessi speciali e transitori comuni a provincie limitrofe, non possono giammai rappresentare né un equivalente né un omologo dell'ente regionale, che è organico con proprie finalità complessive e rappresenta una somma di interessi e di bisogni, che lo stato non deve rifiutarsi di riconoscere e di soddisfare;

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5. - La battaglia per la proporzionale amministrativa è stata impostata come uno strumento di autonomia e di libertà; e le affermazioni notevoli dal centro alla periferia, in ordini del giorno e in discorsi, crearono un ambiente adatto alla più larga propaganda nel paese a favore della riorganizzazione dello stato sulla base del più largo decentramento e delle forze regionali del paese. I discorsi dei nostri parlamentari nelle vivaci discussioni del luglio e del novembre 1920, e tutto il periodo della lotta elettorale amministrativa e il successivo delle assemblee provinciali dei comuni popolari, ebbero per elemento-forza il nostro programma autonomista. Le circolari della direzione del partito (novembre 1920), i discorsi del sottoscritto a Torino ed a Roma nell'ottobre 1920, a Napoli nel novembre 1920, a Torino, Padova, Brescia, Verona, Genova e Trento nel gennaio 1921, gettarono la base concreta del successivo movimento regionalistico svolto nel presente anno e che ha autorevole e importante espressione nell'attuale congresso nazionale.

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«5° — che nell'ordinamento centrale si tenga a riunire le funzioni simili in forma organico-sintetica per impedire la suddivisione di competenze sulla base di una oggettivazione schematica di categorie prestabilite, che impedisce la visione completa di un affare qual è prospettato dalla realtà per la molteplicità di interferenze unilaterali da ministero a ministero e da divisione a divisione, sì da intralciare l'andamento dei servizi stessi; e si proceda quindi alla riduzione di ministeri, di direzioni generali e divisioni, create spesso più per sfogo di carriera e per eccesso di centralizzazione che per necessità organica dei pubblici servizi;

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«confida che a tali criteri fondamentali saranno ispirati gli studi e le proposte della commissione e la conseguente azione del governo».

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«3° — che siano semplificati i controlli e resi veramente efficienti e si tenga a garantire la pubblica amministrazione più che altro nel momento di agire e deliberare, impersonando la responsabilità senza attenuazioni preventive, con la molteplicità di organi e col funzionamento di competenze;

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«4° — che siano ridotte allo stretto necessario le funzioni statali nel campo della economia privata, dovendosi limitare l'azione statale alla funzione stimolatrice e integratrice e non mai a quella di soppiantare le attività economiche della nazione con artificiose costruzioni di enti, di consorzi e di istituti, spesso fatti in modo da sfuggire al controllo amministrativo e alle responsabilità politiche degli stessi organi statali;

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Tangorra a nome del gruppo parlamentare popolare a proposito della riforma dei servizi pubblici;

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«invita la direzione del partito a promuovere pubblicazioni atte a creare attorno al problema del decentramento e dell'autonomia amministrativa una coscienza popolare, necessaria perché le soluzioni invocate siano assistite dal consenso e dal favore generale».

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«impegna il proprio gruppo a tutelare e favorire le autonomie e libertà locali esistenti nelle terre redente e a promuovere la riforma, in senso autonomistico, dei comuni e delle provincie, riforma già promossa con R. D. 18 maggio 1918 e ancora allo studio della speciale commissione;

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7. - Sciolta la camera, la questione regionale fu riaffermata come una delle tre libertà messe a base della lotta elettorale politica, come cioè: la libertà organica,e fu segnata come una conquista della nuova legislatura con le seguenti parole messe nell'appello al paese: «maturata oramai nella coscienza pubblica la necessità della riforma dell'organamento statale, sulla base di un largo decentramento fino alla costituzione amministrativa della regione, che si riallaccia alle pure tradizioni italiche e che servirà a rafforzare lo stato nelle sue vere funzioni politiche»; e fu riaffermata da me solennemente nel discorso elettorale dell'Augusteo a Roma («Parlamento e Politica»); e nei discorsi elettorali di De Gasperi e Anile.

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Giolitti l'aveva consacrata nella relazione al re pel decreto di scioglimento del parlamento e poscia ebbe a farla ripetere al re nel discorso della corona. I giornali parlarono di vittoria popolare.

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Bonomi non ebbe nessuna difficoltà a dichiarare che le affermazioni venute dal banco del governo non volevano in alcuna guisa limitare per i popolari la libertà d'azione che spetta ad ogni gruppo della maggioranza.

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- Altra occasione di affermazione autonomista è stata la battaglia sulla libertà scolastica: battaglia iniziale per l'esame di stato; però un primo cenno a proposito di autonomia scolastica regionale si ebbe al congresso di Napoli, nell'ordine del giorno Anile, riguardo al problema universitario; altro più deciso si è avuto nella posizione presa dal gruppo parlamentare a favore dei comuni autonomi nell'amministrazione delle scuole elementari (legge 4 giugno 1921) per i quali nel luglio passato fu presentato apposito progetto di legge. La questione dal lato tecnico viene oggi ripresa nel congresso nazionale, su relazione dell'on. Piva.

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Bonomia confermò essere suo preciso intendimento di profittare delle vacanze per preparare un disegno di legge che, tenendo conto degli studi già fatti in questa materia, attui un decentramento amministrativo a base regionale soprattutto in fatto di lavori pubblici, istruzione, agricoltura, sanità, assistenza sociale.

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Un rapido esame di tali oggetti dà chiara la visione dell'importanza e della necessità dell'ente che viene a costituirsi, e quindi ne determina anche la ragione organica e rappresentativa.

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Il controllo industriale e commerciale della vita del paese è confuso con una speculazione economica che grava su quel dicastero; il quale dovrebbe essere unificato con quello dell'agricoltura e del lavoro, e chiamarsi della economia nazionale, e dovrebbe limitarsi a funzioni di statistica, di controllo, di propulsione, e trattare sul serio quello che è suo cómpito: tariffe doganali, trattati di commercio, sviluppo di forze economiche, legislazione sociale. Accanto a questo ministero della economia nazionale dovrebbe funzionare il consiglio superiore del lavoro o meglio il consiglio economico.

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. — Come i comuni hanno servizi statali delegati (a cominciare dal sindaco che non solo è ufficiale di stato civile, ma nei piccoli comuni ha funzioni di pubblica sicurezza), come le provincie provvedono a determinati servizi igienici (fornitura del pus vaccinico), così alle regioni possono attribuirsi, nello sviluppo delle leggi, dei veri servizi statali: ad esempio potrebbero far parte di organi misti presso le amministrazioni dello stato, come potrebbero essere una specie di consigli misti di finanza presso le intendenze regionali (e a sperare che si sopprimano le intendenze provinciali) per quegli atti amministrativi che entro una certa cifra possono essere compiuti sul posto, senza intervento del ministero. È inutile insistere in un elenco di proposte; il sistema è vantaggioso allo stato e ai cittadini, e non è contrario alle tradizioni della nostra vita pubblica.

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A completare l'esposizione credo opportuno accennare in proposito allo stato di diritto e di fatto,trovato nelle provincie annesse riguardo alle autonomie (amministrative e legislative); anche in riferimento ai corpi tecnici esistenti.

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La «provincia» nella Venezia Giulia e nella Venezia Tridentina è qualche cosa di più della provincia nostra anche nei rispetti territoriali, e per la stessa sua genesi storica si avvicina molto a quella che noi chiamiamo «regione». Sostanzialmente, poi, è anche maggiore la concordanza fra la competenza delle diete provinciali e quella che noi vorremmo attribuita agli organi rappresentativi della regione. Le diete provinciali delle terre redente hanno anzitutto (patenti imperiali del 1861) una vera e propria funzione legislativa: per alcune materie (come p. es. l'agricoltura, le pubbliche costruzioni, la beneficenza) sono anzi l'unico organo legislativo, essendo esclusa ogni ingerenza del parlamento centrale. Per altre materie (come per es. gli affari comunali, la pubblica istruzione elementare, gli oggetti di culto ecc.), la competenza legislativa delle diete, pur soverchiando i limiti dei regolamenti d'esecuzione, è sussidiaria e complementare, tenuta com'è a rispettare le norme generali dettate dal parlamento. Ma in qualcuna di tali materie (come per i comuni) negli ultimi decenni il parlamento aveva ceduto ogni suo potere a favore delle diete. Quando non fosse chiaro se una materia rientrava nella competenza del parlamento centrale o delle diete provinciali, la presunzione era a favore delle diete, per disposizione espressa sancita dal parlamento di Vienna nel 1907.

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Ma non mancano le eccezioni alla regola, dettate o da particolarità politiche proprie a singole materie o da situazioni speciali di luogo. Così per l'azienda scolastica elementare, preoccupazioni politiche da una parte e finanziarie dall'altra, hanno portato ad affidarla virtualmente ad organi misti — i consigli scolastici provinciali, distrettuali e locali la cui composizione però, in parte di provenienza autonoma, in parte statale e in parte elettiva (delegati dei maestri), è pur sempre regolata solo da leggi provinciali. Così, d'altra parte, per l'agricoltura in alcune provincie (Venezia Tridentina ed Istria) la massima parte della gestione pratica fu dalle diete delegata a consigli provinciali agrari di composizione mista ma non prevalentemente governativa. Altrove invece (p. es. nella provincia di Gorizia e Gradisca) anche l'agricoltura è posta alla diretta dipendenza della giunta provinciale, con un proprio ufficio agrario. In qualche campo, come in quello delle strade non nazionali, l'esperienza dell'ultimo periodo prebellico è contro gli organi separati e misti (comitati stradali distrettuali), e la legislazione provinciale tendeva a porre le strade, che non siano di valore puramente comunale, alla diretta dipendenza di uffici della giunta provinciale.

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Il primo problema va posto così: — si deve tendere a fare della regione un ente unico, organico, rappresentativo, che adempia, con propria amministrazione, finanza e responsabilità, ai vari compiti indicati nella elencazione delle funzioni suddette; ovvero la regione rimane come circoscrizione, ragione collettiva e differenziata di vari enti o meglio organismi specifici rappresentativi, diretti o misti, per ogni singola funzione importante? Nell'attuale ordinamento delle terre redente è già, in embrione, posto e risolto il problema. Per chiarezza è meglio esemplificare: — attualmente esistono in ogni provincia camere di commercio, con rappresentanza diretta delle classi o categorie interessate e a scopi determinati; si riconosce oramai da tutti che per la circoscrizione limitata (la provincia) e per le funzioni date dallalegge, tali camere non rispondono allo scopo e dovranno esser trasformate; supposto che prevalga (com'è da augurarsi) l'organizzazione commerciale per regioni, devono tali camere essere organo specifico a sé o essere assorbite dall'organo edalla rappresentanza regionale?

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Arrivati a questo punto ci si presentano vari problemi fondamentali, per i quali l'opinione degli studiosi, anche nel nostro campo, è divisa fra varie correnti che hanno un notevole peso; sono i problemi costituzionali e rappresentativi dell'ente regione, che io tenterò di esporre con la maggiore chiarezza e sui quali dirò la mia opinione.

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Lo stesso è a dirsi per esempio del magistrato delle acque nel Veneto, dei consorzi ed enti portuali, degli enti per lavori pubblici a carattere locale decentrato, dei consigli scolastici per regione, delle commissioni per la disoccupazione, degli enti per le assicurazioni e previdenze sociali, delle future rappresentanze locali delle classi lavoratrici e così via. In sostanza, si deve arrivare ad una sintesi regionale rappresentativa, ovvero ad una serie di organismi ed enti a contenuto specializzato di categoria e quasi classista?

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Si può anche concepire (in sostituzione e non in aggiunta) un senato elettivo a base amministrativa ed economica, che legiferi di pari grado con la camera dei deputati; non si possono concepire corpi amministrativi locali specializzati, senza spezzare l'unità reale della vita e senza che divengano o enti rachitici, organi impacciati, forze avulse dalla realtà, oppure forze guidate a scopi sovvertitori dell'ordinamento politico.

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E non si va forse così a gran passi verso il parlamento economico anche in Italia?

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Chiarisco le parole in corsivo: ente elettivo-rappresentativo,perché non sia formato tramite elezioni di secondo grado di enti locali, né per via di nomina statale, ma in base a elettorato diretto, a suffragio universale, comprese le donne, e a sistema proporzionale; ente autonomo-autarchico,perché esso in base alla sua legge costitutiva governi veramente, e da tale legge derivi il suo carattere; non sia quindi un ente statale, con poteri delegati che abbia per capo un governatore; ente amministrativo-legislativo,che abbia finanza propria, con facoltà di imporre tributi; che amministri tali fondi con legge di bilancio; che, nel complesso della sua attività specifica, statuisca leggi e approvi regolamenti tali da avere vigore nell'ámbito del proprio territorio. Non nego, con ciò, il possibile intervento statale; quale esso debba essere, vedremo più innanzi.

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Fissata così la caratteristica, io non esito a dire che debba essere la finanza regionale coordinata;però non basta avere dei cespiti prestabiliti da leggi, entro il cui ámbito si possa svolgere l'attività tributaria della regione; ad essa dovrebbero essere devoluti quei fondi che oggi lo stato amministra a mezzo dei vari ministeri dei lavori pubblici, lavoro, agricoltura, industria e commercio e istruzione, a scopi specifici locali; purché, come vengono date alle regioni le funzioni oggi attribuite ai vari dicasteri, così verrebbe ad essere attribuito il relativo normale bilancio di spesa, sotto forma di concorso ordinario e straordinario.

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È chiaro anzitutto come una funzione coordinatrice delle attività speciali delle regioni spetti ai vari dicasteri specifici; dico coordinatrice, sianei rapporti fra varie regioni tra di loro, sia nella distribuzione e assegnazione a ciascuna regione di fondi speciali (agricoltura, istruzione, lavori pubblici e così via), sia per la parte reclami in seconda istanza per le materie nelle quali la legge stabilisce un intervento statale; oltre, s'intende, a quanto dà luogo ad azione contenziosa o giurisdizionale, per le quali restano ferme le attuali leggi vigenti, salvo una revisione per migliorare gli istituti stessi, cosa che non ha diretta connessione con la riforma regionale.

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Ma ben altre funzioni dovrebbero essere demandate all'ente provincia, rispondenti a necessità organiche della vita locale. In primo luogo, l'organizzazione e la rappresentanza (diretta o indiretta) di quanto nel campo della cooperazione, delle assicurazioni sociali, della previdenza, della beneficenza, del lavoro, dell'agricoltura viene creato come organo tecnico o arbitramentale o di propulsione o di propaganda attualmente presso le prefetture e le intendenze di finanza o come organi autonomi di enti centrali, da passarsi, come abbiamo detto, alle regioni, dovrebbero trovare nelle provincie un mezzo di decentramento locale adatto a funzioni amministrative permanenti e a dare naturale sviluppo a quanto corrisponde agli interessi collettivi, senza le preoccupazioni politiche o burocratiche, di prefetture o di intendenze. E anche quando, nei vari corpi tecnici e consultivi da creare, occorra la rappresentanza del governo o di enti statali o semistatali, l'ente provincia è molto più adatto della prefettura a dare a tale corpo carattere amministrativo non politico.

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istituzione di contributi di miglioria obbligatori a favore dei comuni e delle provincie per devolvere a loro vantaggio il plus valore di beni stabili dipendenti dalla esecuzione di opere pubbliche e abolizione dell'imposta comunale sulle aree edificabili;

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3) istituzione a favore dei comuni di un'imposta generale sulla spesa con carattere indiziario ed a larga base e abolizione delle imposte speciali che ora colpiscono indici di agiatezza, cioè: valore locativo dell'abitazione, vetture e domestici, cavalli da sella e da tiro, pianoforti, bigliardi e simili;

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6) istituzione a favore dei comuni di un'imposta ad alta aliquota sul consumo delle bevande alcooliche e abolizione della corrispondente tassa di licenza;

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4) istituzione di un'imposta comunale con sovrimposizione a favore delle provincie sui redditi delle industrie, commerci e professioni; abolizione della tassa di esercizio e rivendita;

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8) istituzione di speciali contributi a favore dei comuni e delle provincie a carico di coloro che più intensamente fruiscono di determinati servizi pubblici;

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10) cessione definitiva a favore dei comuni di tutti i dazi interni di consumo di spettanza dello stato;

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9) passaggio a favore dei comuni delle imposte sui pubblici spettacoli di ogni specie con diritto ed applicazione di aliquote accentuatamente progressive. Passaggio ai comuni della tassa di bollo sui biglietti delle tramvie urbane;

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Nel discutere se l'ente regione debba essere un organo unitario sintetico (e quindi politico nel senso originario e tipico della parola) ovvero una circoscrizione per enti specifici a tendenza o a tipo classista o almeno sotto l'aspetto di rappresentanza di interessi, ho già dato la chiave per la soluzione del problema, nel senso di aver fissata la linea di massima che arriva al consiglio economico al centro, e alla periferia a corpi speciali rappresentativi nell'unità regionale; ed ho aggiunto, accennando alle funzioni provinciali, che gli organi del lavoro, della cooperazione e della mutualità, che oggi hanno una vita stentata, assiderati anche dal prevalente carattere statale, debbono nella loro rappresentanza, diretta o mista, trovare nelle provincie il coordinamento, lo sviluppo e la sede.

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Precisati così i criteri e i limiti dell'autonomia locale, tutte le altre questioni speciali hanno il loro inquadramento e la loro soluzione in base a queste direttive.

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Potrà sembrare a qualcuno che nella soluzione del problema locale (comuni, provincie, regioni), non si sia tenuto sufficientemente conto di uno dei nostri postulati organici, cioè: il riconoscimento giuridico delle classi, la loro rappresentanza e il loro coordinamento nella vita locale e generale del paese.

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Si dice che proprio quando la tendenza nel campo della vita economica è centralizzatrice, e si procede per organizzazioni che chiamo a linea verticale,a grandi sindacati specializzati, a grandi trusts industriali ecommerciali, e quando perfino l'agricoltura, tipicamente locale, assurge a grande organismo unitario, con confederazioni e banche, e gli interessi dei lavoratori tendono ad un livellamento unico di salari, di tipi di contratti, di sistemazione rappresentativa e giuridica, e quando si è lavorato indefessamente a svuotare gli enti locali, comune e provincia, di ogni competenza od ingerenza nello sviluppo di tali attività, lasciando ad essi solo le beghe e le lotte elettorali e l'obbligo di mettere tasse e pagare stipendi; si vuole invece con un colpo secco mutare rotta stabilendo o promuovendo un'organizzazione che chiamiamo a linea orizzontale,che interrompe per regioni e per provincie la costruzione unitaria e crea organi diretti e locali dell'amministrazione pubblica del paese.

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In questo stato di formazione e di sviluppo, la tendenza più sana è quella di non fissare le forze economiche vaganti contraddicentisi, in lotta di concorrenza (anche sotto l'aspetto politico) nei propri organismi autonomi e tecnici e nella loro caratteristica specializzata; ma dare a tali forze, attraverso rappresentanze locali, provinciali, regionali e nazionali, armonizzate con gli organi sintetici di politica locale o nazionale (comune, provincia, regione, stato), la voce necessaria affinché classi e interessi possano farsi valere, senza prevalere, ed abbiano veste propria libera e diretta, senza ricorrere a menzogne di rappresentanze burocratiche o a intrighi politici di corridoi e di gabinetti.

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È chiaro che l'audacia del progetto sta proprio in questo: far passare i contatti dei grandi sindacati, dei grandi trusts,dei grandi consorzi, attraverso rappresentanze pubbliche e organi diretti degli interessi locali, perché venga corretta la tendenza dell'annidamento di una serie di grandi e piccole speculazioni nello stato, e venga superata la tendenza di fare dello stato un ente economico; si guidi perciò e si controlli l'azione di queste grandi forze economiche e sindacali in un equilibrio di organismi e di interessi, che abbiano la diretta responsabilità morale e politica verso le masse elettorali rappresentate. Questa funzione di equilibrio, di organicità, di controllo oggi manca e deve crearsi. Né è a temere che queste grandi forze trovino ostacolo nel loro naturale sviluppo; al contrario, si avrà maggiore sviluppo quando da un lato lo stato rinunzia a fare il commerciante, l'industriale, l'agricoltore e a impacciare con l'intrusione burocratica la libera economia, quando gli organi decentrati sono mantenuti nei limiti di rappresentanza e amministrazione degli interessi pubblici locali, e i corpi tecnici ed economici mantengono la loro caratteristica di rappresentanze di interessi e di classi coordinate insieme. Pertanto è cómpito e dovere del partito popolare italiano affrontare questa nuova battaglia nell'interesse reale della vita organica e dello sviluppo economico e morale della nostra nazione.

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«invita lo stesso gruppo: 1) a far opera perché il governo mantenga gli impegni di presentare un progetto sulla regione, e, se del caso, a presentare anche altro progetto d'iniziativa parlamentare, perché il problema venga posto in termini concreti e definiti; 2) a coordinare a tale fine il proprio atteggiamento nella discussione delle leggi in corso di esame (camere regionali di agricoltura; consiglio superiore del lavoro) altre già elaborate (riforma della finanza locale) o proposte (riforma delle camere di commercio), in modo da non pregiudicare il concetto fondamentale organico dell'ente regione, anzi da realizzarne i criteri direttivi; 3) a interessarsi perché sia concretizzato in effettivi provvedimenti organici, in rispondenza ai nostri criteri programmatici, l'art. 1° della legge 13 agosto 1921, n. 1030 dove è stato stabilito di «attuare un largo decentramento amministrativo con maggiore autonomia degli enti locali»;

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«delibera di dare larga diffusione a questi cardini di riforma organica e preparare all'uopo un'azione generale di studio e di propaganda;

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. (*) (*) Molte delle idee e delle proposte contenute in questa redazione han trovato pratica formulazione legislativa e attuazione pratica nella costituzione del 1947 e negli statuti regionali delle quattro regioni a statuto speciale. (N. d. A.)

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