Vidi la zia rivolgersi all'uomo, riferendogli la mia risposta. E mi parve di accorgermi di qualche cosa di orribile, che subito volli credere solo
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che incontravo per la strada, e per dimostrare la mia forza fisica pronto a svellere le cancellate di ferro dei giardinetti, e le pietre dei muri. Ecco
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un'ipoteca dal diavolo sull'anima mia. II droghiere Tobia mi significò essere lui medesimo in persona che dava i denari: prima però doveva informarsi se
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. Allora non pensavo che a godermi la mia felicità, fatta di speranza, di sogno, di amore: ricetta della vera felicità. Con quei denari in tasca amavo tutti
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della mia impotenza mi riprende, e con essa la vergogna di aver paura di tutto e di tutti. Mi pareva che il cielo sopra di me s'iniettasse di sangue
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cosa in cosa triste mi aveva condotto fino a lui. Allora decisi di dire che nel portafoglio avevo solo qualche diecina di lire, e di tacere della mia
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disfatto, uscii dalla mia apatia. Un bambino di pochi mesl, nudo, con una cuffietta rossa, mi si era aggrappato alle gambe, sfuggendo alle mani di una
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vergognai di vivere a carico suo, di non riuscire a procurarmi neppure il pane. E volevo gravarla anche del peso della mia creatura? Una disperazione
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forme umane, mi guardava dall'alto, con gli occhi azzurri lagrimanti d'acqua. Era il suocero del mio creditore. Confesso che nel ritrovarmi salvo la mia
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tanto rientrava e mi si aggirava attorno, cercando sempre di non attirare la mia attenzione. Io leggevo, coi gomiti sulla tavola sparecchiata, ma
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mondo. - Perchè mi guardi così? - le disse. - Mi pare che diventi losca, ragazza mia. A che pensi? - Penso, - ella rispose sottovoce, perchè non la
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Il fatto è che quel mio bagno straordinario aveva peggiorato le condizioni dell'anima mia. E non mi sentivo neppure capace di ricominciare. Una
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violacei si posavano sul marmo della tavola, battendovi il becco quasi volessero piluccare i grappoli d'ombra: ricordo tutti i particolari di quella mia
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sollevò gli occhi e parve rallegrarsi della mia presenza. Le misi davanti la lettera e mossi per andarmene. Ma a un suo cenno sedetti all'altro lato della
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leggeva più le mie confidenze davanti a me. Erano lettere innocenti, dove le raccontavo la mia pena, senza rivelargliene la vera causa: mai più in vita
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sentivo che era ben altra la mia passione. Me ne stavo di nuovo a casa, di nuovo con un senso misterioso d'attesa: solo la mattina presto andavo a far le
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adesso, maturato dal dolore: tutto potevo fare, ma non commettere più una colpa d'amore. Eppure mi arrabbiavo contro me stesso per questa mia onestà: e la
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Sì, io acconsentivo. A che cosa? A cedere la mia creatura? A diventare l'amante di quella donna? Acconsentivo a tutto, ma solo alla superficie: in
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fosse mia moglie, incinta di un nostro figlio legittimo, e che io la tradissi. Ma appunto per questo il peccato mi attirava di più. Bisogna dire però
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la prima volta dopo mesi e mesi nella mia cameretta e attraversava il mio letto. M'alzai e corsi subito fuori, col desiderio di lasciare il paese, di
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il nano le aveva rivelato la mia colpa: ma c'era meno sorpresa nei suoi occhi, adesso: ebbi I'impressione ch'ella, fosse preparata a ricevere da me i
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avevo deciso di cedere la mia creatura ai Tobia: ecco perchè volevo loro cedere, che la tenessero o la vendessero, anche la mia miserabile proprietà
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che aveva sognato tanto, in quei tempi, di aver la mia creatura; le preparava di nascosto il corredino, aveva pronta la balia, contava i giorni. Ed ecco
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gita al paese vicino; non era per visitare i parenti ch'egli andava, ma per conferire col nano; forse per dargli la mia risposta affermativa. Mi alzai
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indifferente. Bastò questo per farmi risovvenire di tante cose, e sopratutto della mia incapacità a provvedere a me stesso nonchè ad altri. Ma
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condannato. E andai nella camera di lei per soffocare il mio rimorso: ma ogni mia cura riusciva inutile: ella aveva la febbre sempre più alta ed era agitata
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Ecco, dunque, che avevo dato via la mia bambina, senza neppure vederla, senza neppure toccarla. II nano era sparito fra la nebbia, il vecchio aveva
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prendermi la bambina. Null'altro oramai esisteva per me: non pensavo più alle donne, all'amore, al mio avvenire: volevo la bambina perchè era mia
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azzurro brillante che quasi non si lasciava fissare. Ricordo tutto, di quel giorno, come di tanti altri giorni della mia vita: giorni che sono come i quadri
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liberazione della mia coscienza da quel peso che me la schiacciava notte e giorno, di aver venduto la mia creatura, pensavo alla rabbia, alla sorpresa, al
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di fare.... Ma no! Sono sempre illusioni della mia coscienza, vani scrupoli del mio cuore. La zia ha richiuso gli occhi e sta tranquilla nel suo
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tutti i lamenti e i canti che salgono dalla profondità della mia anima; ma a dire il vero la bambina non si agitava nè piangeva; era tutta dura
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alla sorte. Poco prima avevo sfidato lo stesso Dio a togliermelo: adesso andavo verso quel chiarore di casa abitata, per guardar bene in viso la mia
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completa non riuscivo a trovarla: una luce, mille luci tremolavano nell'anima mia smarrita, come le stelle nel firmamento scuro. E quell'impressione
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Finalmente ebbi l'idea di uscirmene davvero, da questa vita, con la mia creatura in braccio. Non c'era più posto per me nella vita. E andai di nuovo
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, purchè l'oggetto amato sia felice. Davide s'avanzava guardando il suo orologio. - Lo sai, moglie mia, che ora è? Manca un minuto a mezzogiorno. E le
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sordo e muto. La mia mamma morì dal dolore: così almeno mi raccontava una sua sorella che mi prese con sè e mi allevò. Più tardi entrai in un Istituto di
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serpente tentatore. Ancora a ricordare quei momenti vedo tutta la mia vita ricoperta di un velo rosso.
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. Era una vera sterpaglia, e i cespugli fioriti della ginestra e i rovi coperti di rose canine non confortavano col loro colore e iI loro profumo la mia
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cosa si slanciava dall'anima mia in alto, in alto, come un zampillo di fontana, e ricadeva su di me rinfrescando l'arsura del mio cuore selvaggio
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nelle vene, e la mia volontà si risvegliasse. Non potevo più dormire. Un giorno mi guardai nello specchio dell'armadio della zia, per vedermi indosso
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