Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Note sul clero meridionale

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Sturzo, Luigi 13 occorrenze
  • 1906
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 295-298.
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Ci dice Cicerone che l'aspettazione di Archia era superata dalla realtà; nel caso mio sarà al contrario, e al leggere la Voce del popolo ho pensato che sarò il rovescio della medaglia: un Archia a capo giù. Pazienza! È così importante l'argomento della commemorazione della R[erum] N[ovarum] che le persone scompaiono facilmente, e le tonalità dell'oratore sono sopraffatte dalla solennità della circostanza.

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Originate o determinate da queste linee direttive della Chiesa e dallo spirito inesauribile del Vangelo, si sviluppano forme umane concrete di azione nel campo delle attività storiche e sociali, che assumono l'impronta dei tempi e che hanno una vita di pensiero e di azione che entra nel dibattito dell'ambiente sociale come sintesi di bene, attraverso a tutte le deficienze, o come resistenza al male.

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Quello naturale; a) l'organismo economico della cooperazione è elemento di miglioramento materiale, mezzo di unione, sviluppo di attività — esso è ordinato alla vita professionale;

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con una circostanza a nostro danno notevole, di fronte alle masse nuove dell'opera dei cattolici militanti: l'unicità degli intenti ultimi religiosi e morali e la onestà delle intenzioni personali. Per cui la confusione, inevitabile, ha condotto il partito Dem[ocratico] Crist[iano] a una crisi apparente.

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A questo, e per questo valgono le nostre associazioni; stampa — formazione di caratteri, di coscienze, di uomini istruzione e cultura del popolo. E soprattutto vita morale e religiosa interna: perché si vuole la religione e la Chiesa non a dirigere gli affari terreni di associazioni naturali quali parlamenti, comuni, unioni profess[ionali], cooperative, ma informare lo spirito di questi enti, o di quelli che vi lavorano e operano in contrasto, con gli altri, allo spirito cristiano.

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E questo spirito cristiano, che deve ritornare a informare tutta la civiltà presente, salverà il popolo. Il popolo è religioso ancora, ma non ha più la forza della vita religiosa. Esempio doloroso della Francia. Quel che è avvenuto da 40 anni in Italia — Siamo pochi?

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Così spezza le catene del socialismo anticlericale insieme a quelle del conservatorismo irreligioso e si redime nella vita dello spirito, nella vita sociale ed economica.

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comincino a (...) troppo le invadenze di altri tempi nell'organismo ecclesiastico Come il clero riduce troppo spesso l'azione dei laici a quella di coadiutori della vita strettamente religiosa e parrocchiale, sopprimendo e soffocando. , o per lo meno partecipano alle contenzioni dolorose dei partiti di curia O riduce i laici a semplici entità numeriche.; oppure il clero assorbisce ogni azione laica, assumendo enormi responsabilità.

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Con voto unanime dei cattolici adunati a Firenze per la compilazione degli Statuti della nuova organizzazione delle forze cattoliche in Italia, è stato deliberato di esporre umilmente alla Santa Sede, come figli al padre, con confidenza e sommissione insieme, quanto ebbero ad affermare a nome loro e a nome di moltissimi cattolici italiani e con il consenso, espresso in tal voto, della maggior parte dei delegati regionali, sulle difficoltà che sorgono dalla forma concreta data al movimento sociale ed elettorale dei cattolici.

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Tale stato di fatto, reso più grave dalla poca istruzione, costringono [sic] il clero a partecipare, intensivamente, ai partiti personali locali municipali e politici, che non sono a base di idee ma di persone; e così si ha lo strano fatto che sacerdoti e parroci sono elettori e partigiani scoperti e influenti di Defelice, Noè, Colaianni, Cascino, Pasqualino Vassallo, Pantano e Nasi e altri radicali, massoni, socialisti, e dei relativi Consigli Municipali e Provinciali; o peggio preti contro preti, mescolando partiti religiosi a partiti politici e creando quella coscienza atrofizzata in popoli, materialmente religiosi, i quali non hanno scrupolo a sostenere nella vita pubblica uomini contrari a ogni sentimento religioso e a ogni principio di onestà.

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Questo fatto, a chi non conosce l'ambiente del Mezzogiorno, può sembrare di molto poca importanza; però è degno di seria considerazione, se si tengono presenti le condizioni diverse di quelle regioni.

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Per cui il clero è, in generale, in una condizione di grande inferiorità morale e materiale: esso dipende dai patroni laici, che sono Municipii o case principesche, nella collazione dei beneficii; a ingraziarsi i quali ha più cura o almeno più interesse che a sostenere i diritti della chiesa e del popolo; dipende dalle commissioni laiche spesso in mano di liberali e massoni nelle feste religiose, dalle confraternite laiche nell'amministrazione interna di molte chiese; dipende infine dalle famiglie ricche e prepotenti che sostengono molte spese di culto e che tengono i preti per amministratori, maggiordomi, maestri di casa.

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Questo stato di vera e reale dipendenza del clero, è aggravato dal fatto che il sacerdote vive la vita di famiglia, ne cura gli interessi materiali e morali, come il capo della casa; non si allontana dal proprio paese, dove non di rado, per conto della famiglia, esercita la mercatura o l'industria agraria, anche per vivere, perché la chiesa dà scarsi proventi; riserbando a pochi i pingui benefici.

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Per l'autonomia politica dei cattolici. Democratici e Cristiani

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Murri, Romolo 18 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 56-72.
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Prima di procedere innanzi nella critica del clericalismo, crediamo opportuno segnalare, nel seno stesso del cattolicismo un principio di raggruppamento nuovo, tentato da una giovane organizzazione politica di cattolici, la Lega democratica nazionale, e che è, per essa, in via di attuazione; poiché nulla meglio che il conflitto interno tra due opposte concezioni di rapporti fra società religiosa e società civile, delineatesi nel cattolicismo italiano per opera e merito della Lega, gioverà ad intendere queste due concezioni ed a misurarne il valore pratico e di orientamento.

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Egli suppone anche in chi legge 1'attitudine a quel certo discernimento critico necessario per trar profitto dalle lezioni dell'esperienza e per intendere quello che di nuovo, di diverso, di non previsto avvenendo nelle cose e nella vita, impone, ad uomini e partiti di azione, mutamenti e trasformazioni corrispondenti, senza delle quali la propaganda degenera in declamazione e in artificio infecondo. Quelli che si attardassero ancora a volere un movimento democratico cristiano in quelle precise forme e in quei medesimi indi¬ izzi che esso ebbe negli anni 1900-1902 1 Si vegga, intorno a quel movimento, R. Murri" Battaglie d'oggi Voll. I. e IV. Roma, Società Naz. Di Cultura. si trarrebbero fuori dalla circolazione della viti dei partiti nel paese.

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2º accettare e promuovere il cristianesimo, non come speciale forma o pretesto o programma dettagliato di raggruppamento politico, ma come spirito e precetto di amore e di bene che deve essere, in maniera assai più larga e perfetta che non fu pel passato, norma e vita di coscienze ripugnanti a qualunque forma di oppressione e di maleficio umano ed operanti secondo l'amore fraterno, principio di vera solidarietà ed eguaglianza spirituale.

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Di diritto prima; poiché proponendosi i socii di mettere in valore il cristianesimo come norma della coscienza morale, misura autorevole del giusto e dell'ingiusto, e come spirito e principio di vita interiore e di volontà buona, (dal quale precede poi nelle opere esteriori la solidarietà o la fratellanza, vale a dire la disposizione d'animo non solo a dare a ciascuno quel che gli spetta ma a collaborare con gli altri pel raggiungimentodi beni comuni) non possono ciò ottenere che operando nello spirito e col tramite di quella società religiosa che verifica, per essi, e possiede questa virtù innovatrice delle coscienze, ed alla quale essi appartengono. Il che vuol dire che essi agiscono anche come cristiani, proponendosi di raggiungere con l'azione loro degli effetti, alcuni dei quali sono di carattere religioso e voluti direttamente come tali.

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Stabilito che a questi due sommi principii, da noi qui molto brevemente indicati si ispiri o intenda ispirarsi l'azione degli appartenenti od aderenti alla Lega democratica nazionale, eche le discussioni da agitare e le deliberazioni da prendere nel prossimo convegno generale di essi riguardino appunto i particolari modi di tradurre nella pratica della vita e nell'azione di un gruppo o partito politico quei principii, noi veniamo ad esaminarne sommariamente, ma, per quanto ci sarà possibile, con precisione di discorso, la portata; insistendo un poco a lungo su di alcune questioni che, lungamente agitate e discusse, sono ancora preliminari per la vita e l'attività della- nostra giovane associazione.

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Ne segue perciò che, in quanto fanno opera di cristiani e mirano a un risultato di «cristianesimo vissuto» essi agiscono come membri d'una società religiosa, liberamente accettata e seguita; e, con la stessa volontà con la quale accettano questa, aderiscono alle norme varie che di essa definiscono lo spirito e la direzione. Ora questa società, e in nome di essa l'autorità, può riguardare in due modi l'azione esterna, politica e sociale, de' suoi membri; e prima in quante stabilisce, per l'azione di essi singoli, delle norme che il fedele non può violare, senza venir meno ai doveri sociali ed al vincolo collettivo, norme le quali debbono essere, conformemente alla natura della società da cui emanano, d'indole morale e religiosa: e con ciò essa pone dei criterii dei quali questi debbono tener conto nella loro azione, pur essendo poi liberi di disporre questa come loro meglio aggrada in ordine ai particolari fini che vogliono ottenere. Tale sarebbe, ad es. il caso della Società dei padroni del nord in Francia. Cattolici dichiarati e professanti, essi debbono astenersi: nella loro azione collettiva di padroni, da atti e da misure che violassero le interpretazioni ufficiali e stabilite dei doveri di giustizia sociale e di carità: ma sono poi intieramente liberi, di fronte alla Chiesa, nel regolare l'andamento delle loro officine, la misura dei salari, le opere di assistenza, l'azione sui poteri locali e sulla politica generale, ecc. L'essere e il chiamarsi cattolici li obbliga: solo a rispettare le disposizioni positive della autorità religiosa per quella parte dei loro atti che involge l'adempimento di un dovere religioso.

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In questo caso, che dal più alto medio evo ha dato luogo a tante dispute e parti nella Chiesa, trattandosi pur sempre di associazioni libere, la coscienza dei singoli rimane giudice dell'aderire o meno, e dell'aderire nella misura che essa crede, secondo l'indole degli scopi che si tratta di raggiungere e 1'importanza di essi; ed un cattolico potrà mancare, non già pel solo fatto di non aderire all'invito, ma pel fatto di non accogliere, per motivi di egoismo e di viltà, un invito che pure alla sua coscienza par giusto ed opportuno e principio di bene. Così, per riguardo al suddetto invito di Leone XIII, nessuno pensò mai di muovere accuse formali di disobbedienza ai molti, vescovio sacerdoti o laici, che non credettero di tenerne conto.

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Ora è noto come, sull'iniziativa che nella Chiesa cattolica può spettare al laicato cattolico quanto alla discussione di dottrine libere, alla parte da prendere nell'organizzazione di culto e nei rapporti fra società religiosa e Stato laico, quanto al diritto di critica rispettosa, di dar consigli, di promuovere per iniziativa propria il ritiorire della vita religiosa, vi sono due diverse opinioni; l'una delle quali, che si fonda sulla consuetudine degli ultimi tre secoli, esagerandola e teorizzandola, divide la Chiesa, con un taglio netto, in due parti: la docente o guidante, e la discente o guidata; ed impone al laicato, che appartiene a questa seconda, una posizione tutta passiva e recettiva di fronte al clero, in ciò che riguarda lo sviluppo del pensiero o della vita religiosa. L'altra dottrina, la quale risale alla consuetudine più antica ed ha per sé una maggiore somma di tradizione viva, è quella che, pur distinguendo, con sana teologia, il sacerdozio, nelle sue varie graduazioni, dal corpo dei fedeli, e riconoscendo a quello la facoltà di pascere, considera poi la Chiesa vivente come un unico corpo di credenti, nel quale è egualmente diffuso lo Spirito vivo, e fermentano quindi, e divengono, sotto l'impulso dello Spirito stesso, il pensiero e l'azione cristiana: così che ai laici spetterebbe non solo una parte passiva, ma anche attiva, manifestazione di pensiero e di attività, benché sottomessa al governo ed al controllo della legittima autorità. A questa seconda dottrina si ispira piuttosto, nel complesso, l'uso della Chiesa, e ad essa possono anche ispirarsi liberamente e sicuramente i soci della lega, per quel che riguarda la loro azione.

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E con ciò ci occuperemo anche di quei rapporti di fatto che legarono, dal suo sorgere, la nostra azione a quella delle organizzazioni ufficiali dei cattolici italiani.

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Noteremo solo che assai male lo intenderebbe chi restringesse questo movimento a quel poco che furono e valsero le organizzazioni clericali militanti, organizzazioni di prospetto e di parata, il cui risultato era piuttosto di cuoprire l'azione politica vera che si andava esercitando nell'ombra, e di offrire un appoggio «diplomatico» all'azione della Santa Sede per il ritorno del potere temporale.

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Ora questa azione politica esercitata dai cattolici non aveva pressoché nulla che fare con quello che nell'Italia della seconda metà del secolo XIX erano religione e religiosità vera. Condizioni di cultura, abitudini mentali e morali, rapporti di clientela politico-ecclesiastica determinarono invece quella condotta: i cui comuni caratteri furono: l'acquiescenza passiva e supina al potere, anche quando esso dai sovrani spodestati passò al nuovo regno costituzionale, la ripugnanza per i movimenti popolari e democratici, la servitù docile alla classe dei padroni, la tendenza, clericale, a volere che il potere politico e l'ecclesiastico si associassero strettamente insieme per la difesa del comune possesso, contro i movimenti democratici e di cultura che, minacciavano, di dentro, l'equilibrio statistico ottenuto dopo il concilio di Trento e l'egemonia politica della proprietà terriera della nuova borghesia. Finché la Santa Sede mantenne apertamente le sue rivendicazioni temporali, e con esse il nonexpedit, questa politica non poté dare tutti i suoi frutti alla luce del giorno; oggi che, cadute effettualmente — se non nell'attività «diplomatica» della Santa Sede, certo per quel che riguarda i rapporti fra Vaticano e Quirinale o Palazzo Bracchi — quelle rivendicazioni, il non expedit, di ostacolo che era alla politica clerico-moderata si è trasformato in sussidio e presidio di essa e concorda benissimo con l'azione elettorale dei ministri dell'interno,Nel breve passaggio dell'on. Sonnino al ministero dell'interno, quando egli poté per un momento sperare di far le elezioni, si noto anche nella condotta del Giornale d'Italia una specie di deviazione dalle linee maestre di politica ecclesiastica seguite sino allora" e il motivo è facile a indovinare. noi possiamo vedere quella politica, covata e maturata da trent'anni, nella pienezza dei suoi frutti visibili. Che cosa gioverà all'Italia il nutrirsi di questi frutti vedremo nei prossimi anni, venuta che sia pel paese l'ora della digestione.

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È ovvio, quindi, che dal critico anno 1898 ad oggi i giovani si siano risolutamente levati, in nome della coscienza religiosa e della coscienza sociale, contro questa politica clericale e l'abbiano criticata e combattuta e messa a nudo, fra molto stridore di avversarii, e ne abbiano smantellato alcune fortezze e sventato alcuni giuochi. Anche oggi, quindi, essi sono contro questa politica, non in quanto pensino di poter impedire che gli uomini e i gruppi clericali vadano verso dove li chiamano i loro vincoli d'interessi e di abitudini politiche, ma in quanto cercano di svincolare il cattolicismo da una antica e vergognosa e dannosissima servitù politica. In Italia, fu già notato — assai diversamente che in Francia, dove il clericalismo è contro la repubblica — questo è invece monarchico e la monarchia, o meglio, i governi della monarchia, che hanno assai bene inteso questo si sono rigorosamente astenuti da qualsiasi passo atto a riaccendere la lotta religiosa, e se ne asterranno ancora, sino a che una crisi, che non par vicina. verrà a maturazione nella coscienza stessa del paese. E poiché la crisi della coscienza religiosa è — in qualunque modo essa ai manifesti o nel seno dei cattolici (come crisi della teologia, della casuistica, dell'esegesi biblica, della religione esteriore, dell'autorità, e via dicendo), o nella borghesia laica e nelle classi inferiori, — per necessità, rinnovatrice e quindi modificatrice di istituti e di rapporti, così l'intento concorde dell'alleanza clerico-moderata di soffocare per quanto è possibile quella crisi di svellerne le tenere manifestazioni, di comprimerne gli indizi: con che però acuiscono la crisi interiore e preparano più gravi e violente dilacerazioni; ma vivono, intanto. giorno per giorno Coloro che hanno una qualche conoscenza dei salotti dell'aristocrazia e dell'alta borghesia di Roma hanno potuto notare in questi ultimi anni che essa segue assai poco, e con preoccupazioni conservatrici, il movimento religioso contemporaneo..

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Dunque, dal 1870 in poi, quando la giovane Italia aveva già audacemente e frettolosamente compiuta l'opera di separazione — non certo intiera — dei due poteri, i cattolici italiani non furono associati, nel terreno politico, da nessuna elevata ed urgente preoccupazione d'indole religiosa, se si eccettui la brevissima e spontanea campagna contro il divorzio; e la politica loro o fu vuota parata accademica o fu appoggio delle rivendicazioni politiche del papato, o si esercitò, nell'ombra, a favore della monarchia, delle classi ricche, del programma moderato e conservatore, della reazione.

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I giovani non possono quindi non assecondare il risveglio della coscienza religiosa — ciò è, abbiamo visto, nei loro stessi principii fondamentali — e promuovere la distinzione più precisa fra religione e politica, o, meglio, ridurre la politica religiosa nei suoi veri termini; dentro i quali, essa non può che limitarsi a promuovere la rettitudine delle coscienze operanti nel terreno politico ed a lottare contro le violazioni della libertà religiosa, tenendosi estranea gelosamente a tutto ciò che è gara e competizione d'interessi di altra natura e giuoco delle varie forze e frazioni politiche.

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(e la stessa esigenza si avvera, in varia misura, per ogni altro gruppo politico e sociale aspirante ad acquistare prestigio ed autorità sulle masse e ad agire con esse, o servendole o servendosene) e il proletariato, una rete di associazioni, nelle quali ai giovani della Lega che vengono da altre classi si associno, in una comunione più intensa di pensiero e di sentimenti, un certo numero di operai di varie età che sieno poi come trasmettitori delle nuove energie spirituali di pensiero e di volontà a quelli della loro classe. Ed è naturale e semplicissimo, contro le ipocrite dichiarazioni aconfessionali di alcuni, che sentendo ciascuno di noi come il proprio carattere morale e la somma dei proprii pensieri si esprimono sopratutto in certe credenze, o convincimenti filosofici, che sono poi quasi sempre delle credenze larvate, in certe attitudini emozionali e toni disentimento i quali rispondono al nome generico di «religione», il comunicare agli altri queste varie credenze, emozioni e volizioni, dì indole religiosa, apparisca come il mezzo più efficace per comunicare anche il proprio carattere morale e la somma dei proprii pensieri: sicché, fatta eccezione per una parte della borghesia, la quale ha per ciò stesso rinunciato ad ogni conquista ulteriore sullo spirito delle masse, tutti i- filosofi e propagandisti e tut¬ti i partiti giovani e ambiziosi danno, nella loro attività di conquista dell'anima popolare, una parte grandissima e preponderante alla propaganda di credenze ed opinioni religiose, od antireligiose; che è poi, nel caso nostro, lo stesso"Sarebbe interessante esaminare la posizione dei vari partiti di fronte al problema religioso"> molto più che le opinioni correnti sono fatte, per lo più, su vecchi pregiudizi. Il partito radicale si trova per esempio, nella penosa e non poco ridicola situazione di chi, avvertendo un profondo bisogno, si illude poi grossamente nella scelta dei mezzi, di soddisfarlo. Esso sente di dovere essere anticlericale; ma poi l'anticlericalismo suo grossolano, superficiale e di vecchia maniera, non gli giova in nessun modo allo scopo. Ma anche qui idee più giuste si vanno facendo largo. La Vita quotidiana di Roma; ad es., dichiarava recentemente che forse l'anticlericalismo, del quale essa è così calda fautrice, metterà capo ad un rinnovamento religioso V. Riv. di Cultura,1I. nov. 1907..

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Clericale non è l'uomo che abbia una fede o che regoli secondo essa la sua vita; perché in tal caso tutti saremmo clericali, regolando ognuno su principii accettati più o meno per autorità e incapaci di controllo e di rigorosa dimostrazione scientifica la propria vita morale: né è clericale colui che di questa sua fede, con la parola o con il render servigii di vario genere a quelli dei quali intenda guadagnarsi la simpatia e la fiducia, cerca indurre in altri il convinci¬mento sincero: ma clericali, a qualunque o scuola o partito o confessione appartengano, chiamiamo quelli che la fede, la quale è oggetto di accettazione libera e volontaria e quindi di pacifica persuazione, ed ispiratrice di quegli interni movimenti del volere dei quali l'uomo non deve render conto che a Dio, convertono in strumento di dominio, e vogliono insinuare od imporre con mezzi estranei ad essa e con coazione morale o fisica di vario genere, ricorrendo od aspirando, per imporre questa fede medesima, al potere politico ed all'alleanza con esso; mediante la quale alleanza, in cambio di certi servigi resi, si pretendono altri servigi, diretti appunto ad isolare od a coartare le coscienze, per uno scopo non di salute spirituale ma, comunque, di dominio. (Esigere dallo Stato il rispetto della libertà, e dell'attività religiosa, e patteggiare con esso per questo, è ufficio della Chiesa e diritto suo). Noi chiamiamo quindi clericale colui che dai suoi dipendenti in economia esige una condotta religiosa conforme ai suoi interessi o alle sueopinioni, colui che con mezzi violenti ed astuti perturba l'opinione altrui religiosa, o chi per imporre determinati sistemi e determinate credenze si serve, o vuol servirsi, dell'autorità dello Stato, facendo violenza alle coscienze, o chi limita. contraddicendo all'evangelo, il proprio interessamento a quei della sua stessa fede, considerando gli altri come nemici e trattandoli senza. amore; chiunque, in una parola, non avvertendo che la fede è volontaria accettazione interiore di certe verità religiose e morali, intende sostituirsi a questa spontaneità interiore, traendo altri, con mezzi violenti e coattivi, a quell'accettazione medesima, per scopi che non possono quindi essere spirituali ed ispirati dall'amore cristiano. Il quale proposito apparisce poi essere assurdo; sicché l'ovvio effetto del clericalismo non può essere se non quello di provocare una più vivace reazione dagli animi liberi e di condurre invece gli animi timidi e vili a mentire con l'atto esterno la fede del più forte ed a rinunziare ad ogni spontanea attività dello spirito, ponendosi passivamente nelle mani dell'interessato patrono di una fede, il quale muta così il ministero spirituale in un vero e proprio dominio.

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Di questo clericalismo noi non solo vogliamo essere immuni ma siamo risolutamente nemici; e crediamo che, se lo Stato non può e non deve rifiutare alla società religiosa, liberamente e legittimamente costituita, quanto possa essere necessario ed utile per svolgere la sua vita interna, i mezzi esterni o coattivi dei quali il potere politico dispone non sieno tuttavia in nessun modo atti a produrre nelle coscienze prima che negli atti esterni la fede e l'attività religiosa; e respingiamo e combattiamo quelle varie manifestazioni di clericalismo alle quali abbiamo accennato.

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Sicché a noi rimane solo la via della discussione, della pacifica persuasione e dell'autorità morale che potrà darci la fiducia di quelli ai quali cerchiamo di rendere benefici, comunicando ad essi in qualche modo, per le molteplici vie del pensiero e del sentimento, la fede e quasi la vita nostra spirituale medesima. In questo modo e dentro questi limiti noi, cristiani, facciamo e intendiamo fare veracemente della propaganda cristiana, in opposizione a quella utilitaria o materialistica che fanno altri partiti ed altre scuole.

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Clericalismo

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Murri, Romolo 17 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 73-85.
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Non è, benché possa sembrare, una modesta questione di vocabolario; la disputa sulle parole nasconde conflitti profondi ed acuti di idee, i quali premono su di esse per adattarle a nuovi significati, quando non giungono a crearne direttamente delle nuove.

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A designare gli oppositori, i giovani usano la parola reazionari, e l'altra refrattarii, venuta di Francia, ed oggi più largamente la vecchia parola clericali, precisandone o mutandone il significato. In Francia e in Italia, i giovani sono anche giunti a dichiararsi apertamente anticlericali, in un senso che è certo diverso da quello più noto e comune; poiché questi anticlericali si dichiarono insieme buoni e fedeli cristiani e cattolici.

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Per sapere che cosa una parola significhi, conviene vedere a quali rappresentazioni essa sia comunemente associata; meglio ancora, poiché queste rappresentazioni possono essere incerte e confuse, vedere quali reazioni emotive essa susciti in chi la ascolta, a seconda delle varie tendenze o gruppi o dottrine alle quali questi aderisce.

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Si parla, infatti, comunemente di scuole clericali, ad esempio, di associazioni clericali, anche, se composte da donne o da contadini: ma poi non diciamo clericali né i bambini che frequentano quelle scuole, né le donne o i contadini ignari di politica che compongono quelle associazioni; con tale parola, noi ci riferiamo sempre ad uno scopo, ad un piano, a delle mene di indole politica che sono nell'azione e nell'intenzione di coloro che tali scuole o società hanno fondato e promuovono. Così nessuno chiama clericale ciò che ha stretta e diretta attinenza con l'esercizio del culto e la professione cattolica; vi sono delle società di cattolici, dei sodalizi, delle opere religiose così evidentemente estranee ad ogni scopo politico — ad es., le confraternite della Misericordia o le Conferenze di S. Vincenzo de Paoli, — alle quali nessuno unisce, se non impropriamente e per estensione, l'appellativo di clericali.

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Se dunque la parola: clericale include elementi politici, se essa è riserbata a dei cattolici i quali, muovendosi ed operando nella vita pubblica, vi prendono certi atteggiamenti, e vi difendono certi principii, in opposizione ad altri, sieno questi i liberali, o gli anticlericali e i socialisti, alcuno potrebbe concludere che la parola clericale designa, in genere, il cattolico operante nella vita pubblica secondo i principii ed i convincimenti di ogni cattolico. Ed è questo il significato che danno alla parola i....clericali.

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Oggi, mutate, con l'avvento al pontificato di Pio X, le condizioni della politica ecclesiastica, anche il significato della parola clericale muta; poiché molti, i quali non pensano più certo a rivendicazioni temporali per conto della Santa Sede, sono tuttavia i continuatori del clericalismo di ieri, per altre vie e sotto altri aspetti. Le applicazioni mutano, ma i principii rimangono gli stessi.

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Ma l'uso apparisce contrario a questo significato. Rintracciando la storia della parola in quella delle vicende religiose e civili della seconda metà del secolo scorso, noi vediamo come, se si vuol dare alla parola anticlericale il più vasto significato di nemico del cattolicismo, c'è di mezzo fra i clericali e gli anticlericali una vasta zona neutra di persone le quali non solo non prendono parte alle lotte e non dividono le passioni caratteristiche del clericalismo, ma spesso agiscono contro gli interessi e le pretese del clericalismo nel terreno politico, pur dichiarandosi, molte di esse, apertamente cattoliche. Basta ricordare la schiera numerosa di quelle che, come il Gioberti, il Rosmini, e molti loro amici, ebbero una parte più o meno diretta ed efficace nella costituzione dell'unità d'Italia, o la accettarono ed approvarono apertamente.

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Gli uni sostengono e promuovono, nella vita pubblica, dei principii di diritto pubblico ecclesiastico ed una posizione di privilegio o di libertà privilegiata, per la Chiesa, che questa ha eredito dal passato; è vogliono certe speciali forme di accordo e di alleanza fra i due poteri per un'azione combinata a tutela artificiosa di certe abitudini e costumi i quali giovano egualmente al conservatorismo religioso ed al consolidamento del potere politico in certe classi e gruppi sociali e dentro certe forme politiche determinate. Gli altri, applicando alle forme di rapporti politici e sociali, che ci sono note dal passato, il criterio della relatività storica, cercano di trovare le formule e i termini nuovi di questi rapporti in un ritorno della coscienza religiosa su sé stessa, sulle origini e sulle vocazioni native ed immanenti del cattolicismo, in una revisione critica dell'eredità morale e giuridica del passato, in un esame accurato della nuova condizione di cose creata dalla società democratica, dallo sviluppo della scienza ed anche in parte dalla innegabile decadenza del cattolicismo nei paesi latini.

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I secondi osservano, in sostanza, questo: che la posizione della Chiesa risultava, nell'antico regime, da molti elementi di fatto i quali sono venuti intieramente a mancare; che gli uffici e le attribuzioni delle due società si vanno sempre specializzando e quindi anche differenziando: che, si voglia o non si voglia, è grandissimo oggi ed aumenta sempre il numero di coscienze le quali chiedono una organizzazione della vita pubblica che sia all'infuori di ogni azione diretta della società religiosa e riconoscimento ufficiale di questa, e non si può togliere a tali coscienze, nei presenti regimi democratici, il modo di far valere le loro idee nella vita pubblica; che, d'altra parte, ogni tentativo di restringere le libertà. democratiche (simile a quello che oggi scontano così duramente i cattolici francesi), di consolidare il potere in certi gruppi o certe classi sociali più favorevoli alla religione cattolica, il confidare sul concorso dello Stato per la formazione delle coscienze cristiane (conati vari che caratterizzano appunto lo spirito clericale) sono tentativi vani e che ricadono in danno della Chiesa stessa; che in alcuni ordinamenti di questa, i quali datano dal secolo XVI, non si tien conto sufficiente dei mutamenti grandissimi avvenuti nella vita sociale e nello spirito pubblico, donde frequenti conflitti ed incompatibilità che una grande riforma simile a quella compita per i suoi tempi dal Concilio di Trento allontanerebbe; che intanto conviene al cattolicismo, nelle condizioni presenti (ed è vano pensare a delle condizioni future, poiché noi costruiamo il futuro con le forme già note e quindi con il passato) accomodarsi al regime democratico e ad una più netta distinzione di uffici fra Chiesa e Stato, e invece di combattere quel regime dal di fuori, cercar di agire dal di dentro, insinuando nella democrazia lo spirito vivo del cristianesimo, e di concorrere nel modo migliore al normale sviluppo di essa, rifacendosi la Chiesa, come fu, grande educatrice di coscienze.

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Ciò è sì vero che noi chiamiamo ugualmente clericali quelli che, cattolici subordinano la. politica ed i varii ufficii amministrativi e politici a scopi religiosi chiesastici (accusa che i protestanti tedeschi intendono fare ai cattolici del centro, chiamandoli ultramontani, e dalla quale quelli si difendono vivacemente) e quegli altri, non credenti o assai poco credenti (vi sono dei clericali che non hanno nessuna difficoltà di dichiararsi atei) che occupano una posizione nell'attività pubblica dei cattolici o si alleano con questi e con essi e con la Chiesa mercanteggiano concessioni e favori a questa a scopo politico.

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Noi ne abbiano avute prove nella propaganda contro il divorzio, in quella per l'insegnamento religioso nelle scuole elementari, ed in genere in tutta l'organizzazione della attività pubblica dei cattolici, che apparisce clericale pel fatto dell'essere essa oggi ricongiunta al cattolicismo gerarchico immediatamente, per via di dipendenze burocratiche, e non già solo mediatamente, co¬me complesso di forme di attività distinte dalla religiosa e governate da loro principii tecnici, ma usate dai cattolici a rimuovere dei conflitti e delle tendenze positivamente anti-cristiane od a favorire l'applicazione pratica dei principii e dello spirito del cristianesimo.

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Così il clericalismo ci apparisce oggi come un vizio comune, ereditato dalla società antica, di confondere religione e politici, di giovarsi dello Stato a scopi ecclesiastici od anti-religiosi e della Chiesa a scopi politici; e una sempre più precisa separazione dì uffici e di attribuzioni fra le due società è vagheggiata da molti, cattolici e non cattolici.

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Differenza caratteristica dicevamo essere invece questa che i clericali si preoccupano di mantenere una posizione pubblica del cattolicismo e dei suoi varii istituti, la quale è eredità di un lungo passato storico, senza chiedersi se e per quanta parte essa sia in relazione diretta con il valore effettivo e pratico di vita, privata e sociale, che ha oggi lo spirito e la dottrina del Vangelo nella società contempora¬nea; e siccome questa posizione non è quindi data da un puro interesse religioso, ma coinvolge interessi politici e sociali di vario genere, essi difendono, nel nome stesso e pel fatto del clericalismo, abitudini, passioni interessi politici ed economici di vario genere, a sostenere i quali sia quindi necessaria una tacita alleanza ed una azione combinata e della Chiesa e dello Stato, dove i due poteri procedono d'accordo, ovvero della Chiesa e di partiti politici in lotta con lo Stato, dove è lotta fra i due. Le vicende del clericalismo in Francia sono una illustrazione veramente tipica e meravigliosamente chiara del secondo di questi due fatti. In Italia invece, ed in altri luoghi, il clericalismo è monarchico; e tale si è rivelato clamorosamente, appena si abbassò la barriera del non expedit, così che si potesse almeno…saltarla.

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I giovani invece invertono la situazione: essi vogliono che la religiosità e la religione si stacchino dalle vecchie alleanze, rinunzino ultroneamnente a posizioni che non sono più sostenibili, cerchino innanzi tutto il rifiorire dello spirito vivo del cristianesimo nella vita sociale; che quindi la gerarchia lasci che, secondo la luminosa direzione data già da Leone XIII alla Francia, e secondo che avviene in parte nelle nazioni anglo-sassoni, le tendenze economiche e sociali dei varii gruppi e delle varie classi cerchino, senza divisioni artificiali od etichette estranee e con spontaneo orientamento, di raggrupparsi e di agire, sul terreno politico ed economico, secondo che porta l'indole propria di esse: rimanendo al cattolicismo, come tale, messo fuori delle competizioni di partiti e di classi, l'ufficio altissimo e nobilissimo di educare le coscienze, di lenire gli attriti, di predicare il comune dovere umano, di elevare gli animi alla visione delle sintesi conciliatrici, di rinvigorire in ogni modo le attività spirituali depresse dal positivismo del secolo XIX, di fare il bene, a tutti ed in tutto, con i preziosi mezzi che gli sono proprii.

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Noi crediamo che la posizione del cattolicismo stesso diverrebbe immensamente più forte il giorno in cui anime generose e vigorose ne staccassero nettamente la causa da quella di gruppi politici i quali lottano faticosamente ed invano per condurre la società a far cammino a ritroso delle più vive e possenti tendenze che ne agitano le viscere. C'è una illusione che riassume oggi in particolar modo il clericalismo; quella dei conservatori sociali; di coloro, cioè, i quali credono che basti a dominare e dirigere il movimento sociale contemporaneo una vaga predicazione di dovere sociale e di patronato delle classi alte, scisso dalla considerazione e dall'apprezzamento delle trasformazioni profonde che l'economia contemporanea matura e che essi paventano. Ci piace riportare, sulla opera loro, il giudizio d'un acuto e sereno scrittore francese, Giorgio Sorel.

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In un recente volume, che citiamo sopra, questi scrive: «Clericali e borghesi-radicali hanno trovato un terreno comune per la loro politica di conservazione sociale per mezzo di riscatto: al Musée social essi si incontrano fraternamente: il direttore L. Mabilleau e un seguace di L. Bourgeois ed un framassone emerito...I risultati diretti saranno probabilmente sempre ridicoli; ma i risultati indiretti sono considerevoli, perché questa tattica genera una eterna confusione nelle idee; da una parte i borghesi cercano di ingannare sé stessi, avvolgendo la loro testa di un velo per non riconoscere tutta l'estensione del pericolo; d'altra parte gli operai hanno qualche stento a riconoscere la separazione assoluta delle classi, quando la classe nemica si abbandona a tante dimostrazioni filantropiche» Degenerazione capitalistica e degenerazione socialista. Introduz. p. 45

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Mentre scrivevamo queste pagine, in Ancona si combatteva una lotta sintomatica; i clericali ed il clero, muovendo a battaglia in ordine gerarchico, I sacerdoti delle frazioni di campagna raccoglievano gli elettori della loro parrocchia in sacristia, distribuivano la scheda, e poi muovevano con essi, in corpo, marciando alla testa, verso la sezione elettorale. mobilizzavano le loro forze elettorali a vantaggio d'una lista ebreo-massonica-conservatrice. Essi spinsero la loro condiscendenza sino a non avere rappresentanti proprii nella lista, non solo, ma a consentire che l'accordo elettorale rimanesse nascosto, perché gli ebreo-massoni-conservatori avrebbero avuto vergogna e danno dall'alleanza aperta con i clericali.

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