fatto interamente col grasso di majale, e per la buona qualità dei majali riesce sì squisito da poterlo adoperare, senza paura, invece del burro per
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riconoscere se il lievito è fresco basterà che ne mettiate un bruscolo in un bicchiere d'acqua. Se viene subito a galla potete adoperarlo senza paura. Esso
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gli orecchi, i baffi e la coda di gatto; provava paura. E la paura si accrebbe quando invece di sentirlo parlare, lo udì miagolare: - Meo! Meo
che parlate? Mi fate paura. La voce fioca fioca rispose per l'ultima volta lentissimamente: - Non dire così! La sera tornato il padre dal lavoro, ella
verso la bottega del lattaio, quando, dalla svolta della cantonata, ecco sbucare il Reuccio e il séguito a cavallo, di carriera. Ebbe tanta paura
Reuccio aprì gli occhi, quasi si svegliasse da una gran dormita. - Chi siete, bella figliuola? - Sono la figlia dell'Orco; non abbiate paura. Voi chi
spada sfoderata, e: - Avanti, focoso! Al solo raglio, i nemici furono presi di tale paura che non ci vedevano dagli occhi; fuggivano, lasciandosi
menò su lo scoglio. - Donna-pesce! O donna-pesce! Ho menato il Reuccio. La donna-pesce comparve a fior d'acqua tutta grondante. Il Reuccio ebbe paura
vedeva in forma di lupa con tanto di bocca spalancata, aveva paura d'esser morsicato; e perciò dava botte che rompevano le ossa. La donna, vista la mala
chiuse tutte le finestre del palazzo reale; non potevano condurla fuori per paura che il vento non la trasportasse chi sa dove. E siccome la poverina a
quell'uomo con la coda non andava; le faceva schifo e paura insieme, e non voleva per nulla sposarlo; ma non diceva il perché. Figuratevi la rabbia di Sua
paura. - Creatura di Dio, che vuoi da me? - Prendimi e mangiami; vedrai. Ella aveva schifo di mangiare un Grillo; ma sentendo che esso insisteva
-guasta riprese a lavorare. Ma gli avventori diventarono scarsi; la gente avea paura di aver che fare con lui. Invano egli andava attorno per le vie
paura, e preferiva ogni altro guaio a quello di restar sordo per tutta la vita. Un giorno si presentò al palazzo reale un contadino: - Voglio parlare al
, quando la paura non ha ancora uccisa la speranza. Ed erano invocazioni deliranti di dolore, appelli forsennati di una voluttà, cui nulla aveva mai
glielo nascondeva quasi col corpo. - Non lo vedi che è già morto di paura? Va là, Santone, che la è proprio cosa da te! Lascia andare, tu sei un uomo
che per paura della nuova tassa avevano dismessi i paretai. - E quest'inverno? - gli chiese un bracciante che giuocava a scopa. - Sai leggere tu
una pausa guardandolo pesantemente. Lelio, che malgrado il suo pessimismo amava la memoria della madre, ebbe paura di aver troppo compreso. Per quel
adesso che non c'era più alcuno, gli orecchi tesi nell'ansia di un perseguitato. Qualche orazione gli salì alle labbra fra una paura di rimorsi. Era
di sbieco. - Vedete, principessa, avete fatto loro paura: venite dentro. Ella ebbe una smorfia di ripugnanza, Lelio si staccò dalla finestra
, eroismo di cuore. Ma vinto nel giorno tardo del suo trionfo Zola ebbe paura, e si rifugiò in un sogno ancora più anarchico che socialista: allora non vide
. Resistette, poi colla solita sofistica di tutte le passioni si persuase di vincere una falsa paura coll'andarvi, e traversò il vasto appartamento fino allo
mai fatto paura ad alcun cinese. Ho fatto mettere delle solide inferriate alle finestre, cambiare tappezzerie e visitare le pareti onde accertarmi che
di me. Si dice che i miei compatrioti hanno paura degli uomini bianchi e la vostra venuta può forse salvarmi la vita. - Che cosa dite, Sing-Sing
qualche puntata. - Giù quel ferro! - urlò Rokoff, scuotendo le canne con maggior vigore. - Giù o ti strangolo come un cane. - Tu non mi fai paura - rispose
lapidare o, peggio ancora, moschettare dai pellegrini. La paura aveva fatto snebbiare il cervello del cosacco, il quale aveva finalmente compreso quale
gallina! - La vedremo! - Non lasciarti trasportare dall'ira, Rokoff - disse Fedoro. - Forse non oseranno trattarci come delinquenti comuni, per paura
sotto i piedi, retrocesse vivamente, agitando le braccia come un pazzo. - Ho paura! - esclamò. - Non gettatemi giù! Sono un povero mandiki. - Che cosa vi
cui palle non potevano ancora giungere fino allo "Sparviero". La paura cominciava a prenderli. Passarono parecchi minuti prima che si decidessero a
strepito di migliaia di gong e di tam-tam e di conche marine e si vedeva la folla precipitarsi verso le muraglie della città tartara. - Che abbiano paura
ci faranno morire? - Non so ... ma ho paura e sento che divento pazzo! ...
domandò. Un lungo sibilo, che pareva uscisse da qualche macchina, lo fece sobbalzare. Un'ombra umana si delineava dinanzi a lui. La guardò con paura
, battendo la fronte sul suolo e mandando grida che nulla avevano d'ostile. - Che siano mezzi morti di paura? - chiese il cosacco. - Non lo credo, essendo
solchi; coprendosi perfino colle erbe e colla terra per paura di venire divorati da quella bestia che dovevano scambiare sempre per un terrribile drago
vostri colpi; le tigri non hanno paura e si gettano coraggiosamente sui cacciatori. - Le ho già conosciute in India - disse Fedoro. - E io farò la loro
alto per paura di vedersi rovinare addosso l'animale. Il capitano, fatto una nuova scarica, si era affrettato a raggiungerlo. I lupi, furiosi di vedersi
gli aeronauti. II maldestro bersagliere s'affrettava però a fuggire all'impazzata, per paura che il formidabile drago lo facesse a pezzi col suo
amici e le donne, forse per paura di contrarre la terribile malattia, si fermavano a qualche distanza. Il lebbroso si era fermato guardando la fossa
dodici colpi. - Signori miei, ammiro il vostro coraggio e sono ben lieto d'aver preso con me due uomini senza paura. Ha guastato qualche cosa
colpi del capitano e per paura degli altri si era lasciato cadere, fingendosi morto. - Canaglia! - esclamò il comandante dello "Sparviero", scorgendolo
Bogdo-Lama - rispose Fedoro. - Come ci accoglierà? Mi sento indosso un certo malessere che si direbbe paura. Se indovinasse in noi degli europei? - Taci
. Gli asini, vedendo proiettarsi sul suolo quell'ombra gigantesca, s'arrestarono stupiti; poi, scorgendo quel mostro scendere, presi da una pazza paura
qui. - Per mangiarlo? - Almeno la lingua. - Andate a tagliarla, se l'acqua non vi fa paura. - Non oserei affrontare ancora quel torrente. Per le steppe
lontano a trovare un luogo più deserto. - O daremo battaglia - disse Rokoff, risolutamente. - Io non ho paura né dei manciù, né dei cinesi. Un latrare
le aquile sono molto numerose, ogni anno ne rapiscono e anche qui nel deserto. Le madri mongole hanno anzi tanta paura che non osano lasciare soli i
ben attendere domani, invece di esporci di notte, a questo viaggio. Aveva paura che scappassimo? - Io sospetto invece qualche cosa d'altro. - Ossia
invincibile. - Devo confessare che ho paura - aveva mormorato. - Che cosa sta per succedere? Mi sento mancare il coraggio e paralizzare la lingua. Si era