Ho trovato, nipote mio, quel che ti devo lasciare. È una cosa che mi salvò quasi la vita. Prima che tu nascessi, i medici di Brescia e di Milano mi
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Mirate". L'altro ripeteva risolutamente: "No, no e poi no. Tu non capisci niente. Gli basterebbe mangiarsi quel po' di dote. È uno scavezzacollo. Povera
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che, quando sarò volato via da questa terra, tu non avessi nessuna occasione di rammentarti dell'antico parente. Da parecchi giorni vado dunque
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Milano l'offerta di un posto di duemila svanziche l'anno, e l'ho rifiutato". "Non vorrei che tu avessi fatto una corbelleria". "No, maestro; ella stesso
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risponderanno del pari. Smettila, smettila col tuo setticlavio". "Intanto non potresti accettare tu?". "Io? Sei matto. Ma lasciamo stare per ora
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spinse a chiedere danaro al factotum della città? Tu, che non volesti darmelo; ed io ne avevo urgenza per comperare musi- ca, pastiglie pettorali
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Oggi è stata una magnifica festa, di quelle che lasciano il cuore più sereno e più alto. Si cominciò ier sera con i fuochi sulle mon- tagne. Tu
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mai si- no ad ora, e che ripugna certo alla tua indole delicata e restia. Vor- rebbe che tu cantassi in un concerto questa sera, in compagnia di alcuni
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suo palazzo della Riva degli Schiavoni, messer Giovanni Boccaccio, scrivendogli: "Tu conosci per prova quanto soavi e dolci riescano le notturne
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bocino. SIGNORA: Oh non chiedo tanto... Chiedo solamente che mi si tratti come una signora e non come un cavallo. LUIGI: Sei tu che mi tratti come un
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peccato. El mal l'è ch'è passaa anche la Bulona... senza aprir ciglio, vera Marianna? dormi tu che dormo anch'io, rivom a Milan. Lì non so come l'è stada
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ti movessi subito quando te lo dico, e non restassi a sfringuellare con tutti, ci, ci, ci. - Io? sei bello come il sole. - E tu come la luna. Intanto
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, - mormorò lei. - Un vero disastro, ti assicuro, cara mia, che farebbe passar la voglia di far più il bottegaio. Tu lavori, tu fai economia, io lavoro e… si
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tutte le terrene complicazioni della sua passione: e ogni tanto, nella disperazione, la rendeva responsabile della sua rovina. - Tu l'hai permesso, tu
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… - diss'ella, con un filo di voce. - Tu menti. - Non mento. - Tu menti. Lo spirito è stato qui, io lo sento. - Per carità, per carità…- diss'ella, con una
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ragazza, sgomentata da tutto quel discorso. - Già. Ne dovrei esigere quattro, un soldo a lira per settimana, ma tu sei una povera giovane e ti voglio
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di domare la propria collera bollente. - Va a chiamare il dottor Amati, va subito! - gridò ella, come se gli comandasse. - Tu sei pazza! - gridò lui
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capo, abbandonate le bianche mani sul merletto, Bianca Maria fissava suo padre con certi occhi pieni di una penosa maraviglia. - Tu non le hai mai
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una cattiva espressione al suo sorriso. - Son belli, eh? - domandò a don Gennaro. - Mi pare, - rispose l'altro, modestamente. - Tu li daresti? Tu sei
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, senza curarsi di chi passava pel vico Rosariello, aveva pianto per un'ora col capo nel grembiule: - Tu lo sai, Peppiniè… tu lo sai… - mormorava, come
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. - Io non immagino, - gridò lui. - Sono verità e sono misteri della religione: don Pasqualino è un'anima pia. Egli vede. Anche tu vedresti, se volessi
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figliuolo, bel figliuolo! - Che tu possa essere benedetto! - Mi raccomando a te e a San Giuseppe! - La Madonna ti benedica le mani! - Benedetto, benedetto
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maccheroni: e Raffaele, specialmente, andava, veniva, quietamente, con quella grazia popolaresca che inteneriva il cuore di Carmela. - Che tu possa
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, via, don Pasqualino: forse un giorno il dottore vi renderà giustizia. Andiamo; veggo anche che Bianca Maria soffre. Convincilo tu, il dottore
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so che farci: tu mi devi dare le settecento lire. - Hai cinque lire da prestarmi? - Non raccontar frottole, io voglio il mio denaro. Lo voglio per
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l'altro, vagamente. - Don Pasqualino è abituato a star chiuso. . . e tu ci rovini, Gennarino… - Pensa agli altri guai tuoi, - disse seriamente lo
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difetto di tua sorella, tu: stracciata che mi faceva schifo, mi veniva a cercare, dovunque, per farmi burlare dai miei amici. L'ho lasciata per questo
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, - Agnesina, Agnesina, Agnesina, - egli continuava a dire, ridacchiando fra sé - tu mi pari assai bellina… - Zitto, Cesare: farai svegliare la bimba
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' disfatta sulla nuca. L'aveva curata di un tifo, all'ospedale di San Raffaele, quando l'epidemia tifoide imperversava in Napoli. - Oh sei tu, Carmela
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