Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonata

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Angiola Maria

207045
Carcano, Giulio 5 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Era là, in ginocchio, con la persona abbandonata mollemente, come stanca; e lasciando cadere sul grembo le mani intrecciate, rivolgeva al cielo la faccia, nello stesso soavissimo atto in che il Bartolini scolpì la sua divina statua della Fiducia in Dio. Affissandosi alla lontana dimora de' cieli, le pareva che l'anima di sua madre la vedesse di lassù, e ancora la benedicesse; e in fondo del cuore, mista alla dolcezza di quel sacro dovere, le si risvegliava una segreta fidanza, una virtù tranquilla, la certezza che il Signore non l' avrebbe abbandonata mai. Il solo pensiero a lei grave, in quell'ora dolorosa, era di non sapere in qual altro canto di terra avessero portato a riposare per sempre lo sventurato suo fra- tello, di non potere almeno spargere qualche lagrima là, dove forse nessuno mai avrebbe detto un requiem. Così, benchè sola nel mondo, la povera fanciulla ritrovava ancora la pace nel sentimento religioso dell'innocenza, e nella memoria de' pochi che l'amarono! Così, il ricordarsi di un primo affetto, che sull'alba della vita fu per lei amaro disinganno, non la turbava più; non era più che un' idea di tranquilla rassegnazione, forse un sospiro di timida speranza! Anche il pensiero, che spesso l'assaliva, d'esser predestinata a morir giovine, non aveva più spavento per lei; era anzi come la mesta aspettazione di chi non vede l' ora che sia adempita una promessa. Aveva assaggiata appena l'amarezza d'altri contrasti e d'altre angustie, in quel breve tempo passato dopo la misera morte del fratello e della madre; e già nessun legame più l'univa alla terra. Angiola Maria, dopo perduta la madre, era rimasa, per qualche settimana ancora, presso la signora Giuditta, la vedova del maggiordomo: colà vivendo abbandonata, ma paga almeno di potere a tutti nascondere i travagli del suo cuore. Ma quando, a poco a poco, il dolore si fece più quieto, e la mente tornò a' pensieri della vita e dell' avvenire, allora conobbe come anche troppo a lungo la vedova si fosse preso carico di lei, e com' ella, giovine e fresca tutt'ora, doveva oramai cercarsi altrove di che vivere con la fatica delle mani. Sulle prime aveva deliberato di tornarsene al paese, dove confidava di poter ancora compiere onestamente i suoi pochi giorni. Ma poi, non ebbe cuore di abbandonar così presto i luoghi dove suo fratello e sua madre erano morti, e dov'ella stessa aveva amato e sofferto. Una mattina dunque, colse il buon punto che la vedova amica, donna, come sapete, piena di buona volontà per il prossimo, doveva andarsene non so dove, per certa raccomandazione; e arrossendo con vezzosa modestia: « Ho a pregarla anch' io d' una cosa, signora Giuditta, ho a dirle.... » « Cosa volete? dite pur su col cuore in mano, la mia figliuola!... » Così la vedova, dopo la morte di Caterina, era solita di nominar l'orfanella, come una pietà segreta le suggeriva. « Ecco qui, » diceva Maria, « lei ha fatto anche troppo per me; ma io vedo di non essere al mondo altro che un peso a quelli che m'han voluto bene.... sì, di quanto disturbo di quant' angustia le siamo state causa noi, la mia povera mamma, e io massimamente! così potessi fare anch' io qualcosa per lei!... Ma, pur troppo, non potrò che tenermi nel cuore il bene che ho ricevuto, e pregare il Signore, che a lei ne renda altrettanto.... » « Non istate a dir così, poverina, chè avete sofferto anche troppo; e io non son riuscita a far niente per voi.... » « Lo può far adesso, signora Giuditta: da un pezzo ci penso, e capisco ch' è una vergogna per me.... Buona come sono a trovarmi da per me quel poco che mi basti a vivere, non devo restar qui, come fin adesso, d' incomodo a lei e di bene a nessuno.... È ben vero che, fuori di lei, non ho chi pensi a me, non ho più a cui pensare: ma, tant' e tanto, ho risoluto d' allogarmi in qualche maniera, di mettermi a qualche servizio. Dica anche lei, se non è vero che così fo bene?... » « Sì, la mia figliuola! voi sì avete un cuore, che dirlo è poco; ma vi cruciate a torto, e dovete stare con me. » « No, no: ci sto da troppo tempo, le ripeto; e non bisogna, no, che si vada innanzi così; n' avrei sempre rimorso in cuore.... » « Ma cosa pensate dunque di fare? » « Le dirò: prima volevo quasi tornarmene al mio paese; lassù, forse, potrei ancora trovar qualcheduno che si ricordasse di me; ma poi, venuta al punto di dir addio per sempre a questo luogo, dove avrei dovuto lasciare tutto quanto mi rimane di caro, la poca terra dove riposano i miei, m'è mancata la forza; chè quasi mi pareva di perdere per la seconda volta la mamma. Oh mi compatisca, signora Giuditta! in verità, c' è de' momenti che non so nemmen io perché sia ancor qui! Ho pochi anni, è vero.... ma, adesso, che avrei a fare a questo mondo?... » « Vi compatisco sì, ma certe cose non bisogna poi prenderle tanto sul serio, perchè staremmo freschi! Già lo so che avete la testina un po' guasta.... è stata una gran benedetta signora quella nostra padrona! e coll' avervi tenuta con sè, ne' vostri primi anni, e fatto imparar a leggere e scrivere di buon' ora.... Vedete, certe idee che avete voi, io non le ho mai avute, nè anche in sogno. » « Ma lei è buona, e non m'abbandonerà! Per carità dunque, lei che ha conoscenza di tante brave persone, mi raccomandi a qualcuna; mi trovino un posto qualunque, un luogo, un servizio, tanto che mi dia come campare, finché il Signore mi lascia qui; cerco poco, e purché, coi le ho detto, non abbia a darle altri fastidi, m'accontento. « Lo farò, Maria, se volete, lo farò: oh vivesse anco la buon' anima di mio marito! quello era un uomo di proposito; ha servito sempre delle eccellenze.... ah! ma saran quasi vent' anni ch' è morto!... » « Signora Giuditta, una buona carola soltanto, a qualche pia dama, a qualche signora.... può valer molto; e la terrò come un nuovo benefizio. » « Bene, sì parlerò, vi Prometto, lasciate pensare a me.... Andrò questa mattina stessa dal signor canonico***, un bravo, un sant' uomo, che conosce tutti gli ottimi signori di Milano.... Ma non crediate mai che sia per non volervi più in casa mia!... » « Perchè, dopo tutto il bene che m' ha fatto, mi vuoi dare questa mortificazione? No, no, l'assicuro, signora Giuditta, quel che le ho detto è proprio il desiderio del mio cuore! « « Dunque sarà come volete, e quando prometto io.... » E fattole una carezza, se ne andò. Benché la Giuditta fosse una donnicciuola sincera, e avesse, per dir vero, fatto qualche bene alla nostra fanciulla e a sua madre, nelle passate loro strettezze, pure non intendeva di prendersi sopra di sè il peso della giovine; la quale, secondo lei, aveva di mani e braccia come tutte l'altre, nè era che un po' ammalata di testa. E siccom'essa era sempre stata avvezza a quel monotono andare dì vita, a quel piccolo inerte egoismo d'una vecchia governante pensionata, così quel gran guaio sopravvenuto al povero vicecurato le era parso un gran malanno, un garbuglio, un finimondo. « Far del bene al prossimo, sì - pensava la Giuditta - quando per l' altrui bene non ci vada il nostro, la dute dell'anima, come andrebbe qui; perchè la cosa è ria, brusca.... e se la Caterina era una buona donna, e se la Maria è una tosa d'oro, c'è però di mezzo questa storia, scura scura del prete, che non ho mai potuto capire, e di cui non mi pento d'aver taciuto, secondo mi diceva quella cima d'uomo del signor Giosuè. » Ella dunque non lasciò fuggir l' occasione: la stessa mattina, non appena la fanciulla le ebbe spiegato il suo cuore, trottò diritto alla casa del signor canonico; e, trovato modo di parlargli, narrò la disgrazia dell' orfana, e lo scongiurò, con una litania di lamenti, che la pigliasse sotto la sua protezione. Egli le promise di far qualche cosa, e durò gran fatica a rinviarla, chè più non la finiva di piagnucolare. Passati alcuni dì, la vedova ritornava alla porta del signor canonico; non era in casa, ma essa, con la pazienza di chi vuoi ottenere a qual si sia costo, l'aspettò due lunghe ore. Alla fine il canonico comparve, e veduta che l'ebbe farsegli vicino e, attaccarsegli alla zimarra: « Siete una benedetta donna, » le disse ; « ve l' avevo pur detto d' aspet- tare, ciò v' avrei .fatta avvertire io stesso! Ma via, poichè la vi preme tanto, dite a questa vostra giovine che si presenti, domani, verso mezzodì, alla signora marchesa****, alla quale ho già parlato di lei; vedrò d'esserci anch' io, faremo di trovarle un destino. Domani.... a mezzodì preciso.... avete inteso? » « Oh quanta carità, signor canonico! lei fa da vero un'opera santa! » E si chinò per baciargli la mano, ch'egli, per modestia, nascose nelle pieghe della zimarra. « Sì, sì: andate, la mia donna, e ringraziate Dio che ci sieno ancora al mondo persone caritatevoli. » E passò innanzi. Non è a dire quanto lieta ne tornasse a casa la vecchia Giuditta, con siffatta novella; lieta, perciò nel riuscirle di metter, via, com' essa diceva, una giovine onesta, le era pur concesso alfine di racconciarsi nella sua pace casalinga, salvando l' opinione della pietà. Appena pose il piede sul suo limitare, non potè trattenersi Ball' abbracciar la giovinetta, dicendole: « Lo sapevo ben io, che il signor canonico, quel brav' uomo, norrpromette per niente! non ve l' ho detto che avrebbe subito trovato dove allogarvi ?... bene , è cosa fatta: domattina vi presenteremo alla marchesa ****, ch' è una gran signora, una dama che ce n' è poche come lei, una di quelle sul far della povera padrona, delle quali, pur troppo, s' è di questi dì perduta la stampa; mettetevi nelle sue mani, e al resto non ci pensate; è il caso vostro, e ne sono contenta per voi.... » « O signora Giuditta, quanto le devo! queste sue pa- role mi danno la vita; io ne la ringrazierò e benedirò sempre, » E Maria passò tutta la giornata nel rassettare il suo miglior vestito, apparecchiata da quel momento a mettersi per la via che la volontà del Signore le destinasse. Il giorno seguente, al primo toccar del mezzodì, le due donne si trovavano alla casa della marchesa: poichè la Giuditta s' era messa in capo di volere ella stessa presentarla a questa dama. Entrarono in uno di que' vecchi palazzi, che portano un nome storico, e de' quali pochi avanzano nella nostra città; uno di que' palazzi, che, in mezzo alle nostre moderne case dalla fronte gretta e linda, dalle molte finestre e da' leggeri terrazzini, mostrano ancora la pesante e soda struttura di un secolo e mezzo fa, il gran frontone della porta, i muri vestiti di sasso nericcio, i radi e ampii finestroni con le fosche invetriate e gli enormi davanzali. Appunto così appare talvolta, in mezzo a gaia gioventù, uno di que' zazzeroni sessagenarii che non si sono ancora emancipati dalla coda, dalla polvere di Cipri, e dalle grosse fibbie d'argento alle scarpe, nè dai due tondi orologi di Bordier, con le catenelle d'acciaio a pendaglio, sotto la giubba larga e quadrata. Per uno scalone, che pareva il vestibolo d' una chiesa, salirono all' appartamento della dama. Un vecchio servitore, infagottato in una livrea orlata di passamano turchino, ri- cevette le due donne nella vasta anticamera; e le fece di là passare nell' attigua galleria lunga e buia, dove stettero ad aspettare il buon momento di presentarsi alla signora marchesa. E passata mezz' ora, che a loro parve eterna,

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Abbandonata ch' ebbe la bottega della crestaia, si gettò nelle braccia dell'unica co- noscente che le restasse, la signora Giuditta; e pianse, raccontando il pericolo che correva, e la scongiurò di allogarla altrove, in qualche casa onesta, dove potesse vivere più sicura, e nascosta a tutti. Appunto alcuni giorni prima, la signora Barbara s' era raccomandata alla Giuditta (da un pezzo si conoscevano) ché facesse di trovarle una brava e savia giovine, la quale, contenta di poco, s' acconciasse presso di lei. Dunque, la cosa fu presto combinata i e Maria, altro non sospirando che un' esistenza casalinga, solitaria, ringraziò il cielo che le avesse conceduto quel ricovero. Ell' era così docile e buona, che la signora Barbara prese a volerle bene: il suo costume, le sue parole, avevano un incanto cosi gentile e dolce, che anche la giovinetta Savina le pose molto amore, e volle subito che tra loro si dessero del tu. Maria le apparecchiava ogni mattina il più fresco e mondo vestito, che pareva sempre del dì delle feste, un candido grembiale coli' orlo a traforo, un bel collare a pieghette, e la cuffietta la più leggiadra, ch'era una grazia a vederla. E la madre si ringalluzziva tutta, non capiva in sè dalla gioja, trovando così bellina e compita d' ogni cosa la figliuola, che tutt' altra sembrava quella di prima. Tutta la casa poi, in quel breve tempo, risentiva già della presenza d'una sollecita regolatrice, a cui il buon ordine e la mondezza sono necessità e abitudine; i vecchi mobili polverosi, muffati, del signor Cipriano, le tende delle finestre e le cortine de' letti luride e cadenti, avevan ripigliata un'aria di giovinezza e di pretensione. Fino quel semplice di Michele, il famiglio, voleva farsi in quattro per ripulire e rassettar le camere, il salotto e la cucina; e lavorava a tutta schiena a rigovernar le pentole, le casseruole, le stoviglie, obbediente come un cagnolino a tutto quel che Maria gli dicesse; perchè glielo diceva con un far così benevolo, ch' egli, usato a ricevere buone lavate di capo dal padrone per cose da nulla, sarebbe per essa ito nel fuoco. L'avaro era il solo che più di frequente brontolasse di coteste novità; nè ci voleva meno di tutto l' accorgimento e di tutta la pazienza della sorella, a persuaderlo che un uomo della sua qualità, con ventimila lire e più di rendita, doveva tenersi in credito, e avere una casa da cristiano; ma la ragione che lo faceva star più cheto, era che non gli toccasse di far vedere la luce a un soldo di più. Dopo che venne in quella casa, Maria non usciva mai, fuorchè là domenica di buon' ora, per andare alla messa nella chiesa più vicina. L' inverno si rabbruscava sempre più; il cielo era quasi sempre rannuvolato, piovoso, e le prime nevi avevano già messo nell' aria quella muta malinconia, che par s'acconci tanto bene a una vita rassegnata e oscura. Sbrigate le faccende di casa, tutta la gioia di Maria era di potersi ritirare nel silenzio della sua camera. E allora, rialzata una cortina del balcone che metteva su la ringhiera sedeva assidua al lavoro, colà presso, sotto la poca luce; e le pianticene d'un vaso di garofani, che teneva su d'un vicino armadietto, lasciavano talvolta caderle in grembo alcune secche fogliette. Quel piccolo vaso, senza un fiore, quell'arida pianticella, quegli steli d'un pallido verde, ricadenti su l' orlo del vaso, bastavano a risvegliarle il dolore del tempo passato, il mesto desiderio d'un avvenire più felice. Si ricordava che nella casa di suo padre, sovra la soglia della sua finestra verso il lago, ella soleva una volta educare una famigliuola de' suoi fiori più amati; e via via, di pensiero in pensiero, il cuore la rapiva.... Essa non era più là, era con sua madre e con la vecchia Marta, era con suo fratello.... e con un altro. E dimenticava tutto, per ricordarsi solamente d' una appassionata canzoncina, che un giorno era tanto piaciuta all'amico suo: ROSA.

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Abbandonata nella disgrazia, benchè avesse molto patito, essa ignorava ancora che sciagure più atroci e prove più dolorose sovrastino alla povera innocenza; ignorava che l'uomo par quasi compiacersi di gettar la contaminazione dov' è la miseria, come se questa sia la scusa della colpa. Ma in quella sera, le si svegliò nell' anima un turbamento, un timor muto, del quale non sapeva spiegar la cagione. Quando si ritirò, sentiva un' inquietudine ne' pensieri, un raccapriccio in ogni fibra, come il senso arcano d'una nuova sciagura; tremava di trovarsi tutta sola. Le risonavano tuttora all'orecchio le parole dette dal padrone; ancora vedeva il suo volto, contraffatto dal ghignar di quella sua strana giovialità, i suoi sguardi di fuoco, gli atti schifi, e il maligno saluto. Quelle parole, quell'aspetto le somigliavano un orribile scherno, le mettevano in cuore un gelo, un ribrezzo non provato mai. Volgeva intorno gli occhi sbigottiti, e il viso sparso di freddo sudore; trattenendo il respiro, tendeva l'orecchio al più leggiero strepito che si facesse nell'altre stanze. E, nel terrore dell' abbandono, domandava al cielo d'essere liberata da quell' affanno, che le pareva effetto d' una visione spaventosa. A poco a poco tornata in pace, s'avvicinò al suo letto, e slacciando il fazzoletto che le copriva la testa, si sgruppò la bella treccia bruna, che si diffuse tutta sulle spalle e sul seno.... In quel momento, le percosse l'orecchio d' improvviso un quieto strisciar di pianelle, come il passo d'alcuno che s' accostasse alla porta. Sollevò al cielo il volto supplichevole; e poi, serrando le braccia strettamente al seno, si raccolse tutta in sè stessa, e rimase senza movimento e quasi senza vita. Così una giovinetta indiana, la quale, fuggita dalla sferza del sole, riposavasi all' ombra del fedele sicomoro, si risveglia Con subitano balzo da' suoi sogni dorati, e sta muta, fredda, tremante, sotto la malia degli accesi occhi del serpente, che vede trascinarsi col lubrico ventre su per la zolla di muschio, ov' essa poco dianzi dormiva. Allora, quel cauto stropiccio di passi le parve allontanarsi, di poi cessar del tutto. Palpitava ancora, ma io sgomento che la comprese divenne meno; diede un sospiro, le si allargò il cuore: se non che, quando fece per ispogliarsi il modesto vestito, un segreto istinto di pudore, nascendole nell' animo, quasi il gemito dell' innocenza, la persuase di coricarsi vestita com' era, senza che pure osasse domandarne a sè medesima il perchè. Si gettò dunque sul letto, ma per tutta la lunga notte non potè chiuder gli occhi al sonno, nè trovar un istante di quiete. A ogni poco, il più lontano suono la riscoteva. E balzando a sedere sulla coltre, ascoltava, tremava. E quei risalti, quelle paure erano per nulla: una volta era lo stillare d'alcuni ghiacciajuoli che staccatisi dalla grondaja battevano su la balconata; poi, un gatto che, saltando dall'abbaìno, attraversava il lungo ballatojo della casa; poi, qualche povero diavolo, di que' che non han luogo nè fuoco; il quale, cacciato dalla porta del vicino tavernajo, n'andava in ronda gagnolando qualche rozza canzone, e faceva scricchiolare sotto i passi la neve gelata, camminando a sghembo, come si dipinge la saetta. Oh come la fanciulla benedisse il ritorno della mattina! Ma gli ultimi giorni del dicembre, sotto l' umida coperta delle nebbie, nascono così tardi su le tetre vie della città, e stillano i brividi della tristezza nel cuore. Pure, essa spalancò il balcone, e tutta consolata bevendo quell'aria cruda ma aperta, credette di tornare alla vita. Quando fece per uscire della sua camera, un dubbio inquieto le arrestò ancora il passo; perchè, più che altro, temeva d' incontrarsi sola col vecchio padrone. In casa nessuno erasi levato, fuori di quel poveraccio del Michele: e Maria lo pregò con tanto buon modo le desse una mano a rassettar le camere, che quel dabbene non sel fece dire due volte; e in manco di mezz'ora rimuginò, ripose tutte le masserizie, che si sarebbe potuto specchiarvisi. Poi, per tutto il dì, Maria non si tolse mai dal fianco della padrona, schivando sempre, con uno o con altro pretesto,

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In una stanza solitaria, abbandonata del palazzo, lord Leslie nascondeva sè, stesso e la sua cupa tristezza allo sguardo di tutti. Nessuno v'aveva mai messo piede, fuori delle sue figliuole e d' un antico famigliare, favorito del padrone, come lo sono più o manco que' vecchi che contano i lor quarant' anni buoni di servigio in una casa. La stanza non guardava al lago, ma al fianco della montagna, e solo la rischiaravano verso sera i pallidi riflessi del sole cadente. Un letto di foggia antica, e chiuso da verdi cortine di seta, era collocato nell' alcova che s'apriva nel fondo: allato, un gran seggiolone a bracciuoli coperto di velluto damascato, una tavola con le gambe a rabeschi, e sopravi una guantiera con tazze di cristallo e vaselli d'argento. Pendevano dalle pareti antichi ritratti di famiglia, quell'ultime memorie de' nostri vecchi, che oramai non hanno altro rifugio che i cameroni e gli anditi buj delle ville deserte, se pur non albergano capovolti, in mucchio, su le soffitte o ne' soppalchi delle nostre case, o non sono dagli stessi figli e nipoti, come succede, mandati all' incanto su pe' muricciuoli. - Un armadio di legno nero intarsiato, uno scrittoio ingombro di carte e libri alla rinfusa, e poche seggiole rivestite di coperture di scia verde, compivano la suppellettile di quella trista dimora. Già da venti lunghi giorni il lord era là, inchiodato nel suo letto dall'improvviso malore che l'aveva colto; era là, con la sola compagnia de' suoi foschi pensieri e delle sue speranze antiche, richiamate con un accoramento febbrile, assaporate quasi, per crucciarsi l' animo con la loro memoria. Le sue figliuole, que' due angioli che il Signore gli aveva mandato, perchè fossero la sua più fedele consolazione nella vuota esistenza, pareva gli venissero in uggia anch' esse. Quand' erano a fianco del suo letto, sedute insieme nell' ampio seggiolone, con le leggiadre lor teste abbandonate su gli stessi origlieri che lo sorreggevano, quando venivano a confortarlo con quelle parole che a' figli nessuno insegna, e ch'essi soli sanno trovar così bene, egli non sentiva l' armonia delle care voci, che dovevano versare sul suo cuore ferito il balsamo dell'amore. Assorto ne' pensieri che lo facevan dispettoso d'ogni altra cosa, voltavasi bruscamente dall'altro lato, se una d'esse lo chiamava teneramente col nome di padre; poi le congedava con mal piglio , dicendo di volere star solo e di non aver bisogno delle lor fanciullesche carezze. Piangevano silenziosamente le buone giovinette al suo duro parlare, e se n' andavano mute e lente; ma, uscite appena, compativano tra loro al povero padre, chè il male l'avesse fatto inquieto e aspro; e si confortavano a vicenda ad aver pazienza, chè forse, con l'amorose loro sollecitudini, avrebbero medicato il suo dolore, e vinta la sua ostinata tristezza. E si fermavano nella vicina stanza, origliando a ogni più lieve rumore; riscosse, appena che uno sfogo improvviso di tosse turbasse il caro ammalato, accorrevano di nuovo al suo fianco; e lo pregavano, col pianto sugli occhi, che per amor loro bevesse alcuna delle pozioni che gli apprestavano a temperare quella sua angoscia convulsiva. Ma non gli svelarono mai che un medico le avesse ordinate; sarebbe stato un dirgli di spezzarne le bocce contro la parete: bensì, con pietoso inganno, l'assicuravano sempre ch'eran semplici calmanti da esse loro apparecchiati. Ma le innocenti non sapevano come la principal cagione di quel male fosse l' ira dell'egoismo ingannato che lo rodeva, fosse l'estrema rovina delle sue lunghe fatiche, l'ultimo crollo d'un edilizio a cui per tutta la vita aveva lavorato, l'edifizio della sua grandezza! Le novelle venutegli d' Inghilterra per lettere e per gazzette, e confermate pur troppo presto, avevano rivelato a lord Leslie come tutto il suo credito, un tempo così potente, fosse perduto; le sue mene politiche cagionare la caduta della sua stessa fazione; e le nuove elezioni della sua contea, ultima speranza a lui rimasta, esser cadute sopra individui della parte opposta, e, fra questi, sul più conosciuto suo nemico politico. Di più, gli toccò perfino di leggere ne' giornali rapportata la, sua rottura col figlio, travolta, esagerata, come si suole; commentata a suo discredito , quasi fosse stata una domestica tirannide. Tutto ciò, e anche meno sarebbe certo bastato, fini a suscitare nella sua logora salute un subitaneo rovescio; la malattia, che da gran tempo covava, si spiegò violenta; senza l'amore e la paziente attenzione di quelle soavi creature d'Elisa e Vittorina, lord Leslie avrebbe forse dovuto soggiacere a tale ultima offesa dell'orgoglio vulnerato. Non era il mattino, ed Elisa, a passo cauto, leggiero, entrava nella camera del padre ammalato; il suo cuore batteva di speranza e di segreto timore. Ella rimosse con mano tremante la verde cortina dell'alcova, si sollevò lieve su la persona, e guardò. - Suo padre pareva dormire d'un sonno tranquillo; perchè il respirar di lui non era più sì affannoso, e la calva sua fronte, che ombravano due ciocche di grigi capegli, era pallida e serena. La buona figlia sentì allargarsi il cuore, levò al cielo gli occhi, domandò una benedizione all'anima di sua madre, affinchè le desse forza di compiere il generoso proposito, per cui quel giorno ell' era venuta, così di buon' ora, nella stanza paterna. Poi lenta avanzando, s' adagiò cheta cheta nella seggiola, accanto al capezzale di suo padre; e abbandonata a' pensieri ond' era pieno il suo animo verginale, si perdette ne' sogni dell'avvenire, in quell'estasi che un' intemerata speranza dipinge come d' un' iride di felicità. Intanto, senza ch'ella se ne fosse accorta, il padre s'era desto; e il primo oggetto che gli appariva, era l'amorosa fanciulla sedutagli accanto, era quella sembianza angelica e pura, che la faceva parere cosa non mortale. Il vecchio, senza pur muoversi, la guardava, nè ancora ella s'era riscossa; la guardava, mai non l' aveva creduta così bella. - Povero padre ! quel pensiero d'innocente orgoglio nasceva nel suo cuore forse per la prima volta! Continuava a contemplarla; sentiva un piacere mite, segreto, che non aveva provato mai. Allora trasse una mano fuor delle coltri, e strinse con dolce forza il braccio che la figlia pianamente aveva poggiato su la sponda del letto. Elisa a un tratto si risentì, le parve che il padre leggesse ne' suoi pensieri, che quello sguardo la penetrasse sino al fondo del cuore.... I suoi sogni eran così belli! Arrossendo per subitanea tema, si chinò verso di lui, e disse: « O mio padre! io era venuta a spiare il momento che vi sareste svegliato, e intanto i miei pensieri m'avevano rapita lontano lontano, ch'io quasi vi dimenticava, mio caro povero padre! » « Buona Elisa! tu mi vuoi bene, lo so! tu mi sei cara, adesso più che mai! » rispondeva l'ammalato con tale accento di mitezza insolita, che la figlia non credette quasi a sè stessa. « E potrei non amarvi? Ma ditemi, prima, che avete passato una notte quieta, che state meglio d' jeri.... » « Si, sì! Sto bene, bene da vero. » « Corro dunque a dirlo a Vittorina, che aspetta qui fuori questa buona novella. Pure, siete assai pallido, e la vostra mano arde e trema... » « Non importa, sto bene! perchè, sappi, il mio male è qui, qui dentro!... » E con la destra si premeva il cuore. « O padre mio! che pena mi danno le vostre parole! No, non dite così; dite che noi possiam consolarvi, poichè nostra è una parte del vostro dolore! Fatevi cuore, siate giusto con voi medesimo! E se troppo vi pesa, come, dite voi, la cattiveria degli uomini, oh copriteli di disprezzo, d' obblio! E guardate a noi, pensate alle vostre due figlie, e anche al vostro.... sì, al povero.... » Ma s' arrestò d' improvviso, e chinò gli occhi a terra, sbigottita da uno sguardo terribile di suo padre. « Finite! Che cosa volevate dire? » chiese il lord, con tuono severo, ma fatto più dolce in viso. « Oh nulla! » Elisa rispondeva: « non so , io parlava come il cuore mi suggeriva.... mi compatite? » « No! voi lo sapete pure, che non si deve pronunziar quel nome dinanzi a me: bisogna dimenticarlo! » « Dimenticarlo?... non lo potrei. È mio fratello! » « Egli non è più mio figlio, e non lo vedrò mai più! Ho cancellato dalla memoria anche il suo nome. » « Dio! s' io fossi quell' infelice, ne sarei morta! » « Tu, buona fanciulla, non m'avresti fatto il male ch'egli mi fece! « Ma se ora ne piangesse, se non parlasse che di voi, se non avesse in cuore altra speranza che del vostro perdono, che di vedervi ancora una volta? » « Egli? come t' inganni! Tu non conosci gli uomini non sai come certi cuori son fatti! V' ha de' figli che calpesterebbero il cadavere del padre, se fosse messo a traverso della loro via!» « Ah non parlate così! Egli.... era buono; e forse, se il vostro sdegno.... » « Eh non sai tu, che quell' uomo ha rovesciata la mia più lieta fortuna, l' opera di tutta la mia vita? Egli è, che ha gettato nel fango il nome di suo padre, egli che mi lima i giorni, che mi precipita prima del tempo nella fossa! » - E il lord s' era levato su la persona: il suo volto ardeva di tutto l'antico sdegno: ma, indi a poco, raccolse le coltri, e s'abbandonò, come oppresso, sugli origlieri, dicendo con voce mutata: - « Via, non parliam più di lui! non affrettiamo con impeto inutile quell' ora che non tarderà a venire! Povera Elisa! tu sola mi resti, tu che intendi che cosa sia il segreto dolore di tuo padre. Tua sorella è troppo giovinetta, è ingenua, spensierata; essa vede le rughe della mia fronte, non la ferita del mio cuore. » « O padre, se lo sapeste, non io sola, ma tutti piangiamo per voi.... Oh! ricordatevi che l'ultimo voto di nostra madre fu la felicità e la pace di noi tutti.... e che invece!... perchè, anche lui...« « Lui! sempre lui? Lo sa forse ch' io sono qui, presso a morire, in terra straniera, e per sua colpa? Io giuro che se lo sa, ne ride! « « Gran Dio!... » proruppe la figlia, e si coperse con le mani il volto già bagnato di lagrime. « No, non è vero!... oh se vi dicessi!... » « Ma voi, che sapete di colui?... dov' è? dite.... dite! rispondete a vostro padre.» « È qui!... » balbettò allora, con voce timida e sommessa

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Ma egli, a cui era toccato d'assaggiare innanzi tempo di ben più fieri dolori, egli che nella sua ora aveva, com' uom disperato, combattuto e vinto, sentì allora una segreta e dolce compassione di quell' abbandonata giovinezza, e si compiacque nella fiducia di consolarla, di sostenerla. Così, dopo pochi amichevoli ragionamenti, l'uno e l'altro furon lieti di loro fortuita conoscenza, e s' erano raccontati a vicenda que' riposti segreti che apprezza e serba la sola amicizia. Intanto Arnoldo tenne gran ventura che il vicecurato, per alcune domestiche ragioni e per il ritardo messo dalla pretura di**** a regolar la tutela della giovine Maria, dovesse rimanere più a lungo che prima non pensasse. E, dal canto suo, don Carlo divideva di buon grado col giovine forestiero le ore di libertà. Essi furono veramente amici. In que' luoghi pieni di vita, nella tranquillità di quelle rive sempre liete e sempre nuove, i loro cuori sentivano più forte il bisogno di rallegrarsi nella concordia de' pensieri, nell' adorazione della bellezza, e, più di tutto, di gustare il sublime del desiderio e il dolce del compianto. - Allorchè il tumulto del mondo non disturba la maestà di natura; oh come il cuore si versa nel contraccambio delle più intime virtù consigliate dalla religiosa estasi della contemplaione! oh come è bello e grande il credere e lo sperare insieme! Un giorno abbandonati all'inquieto corso d' una barca leggiera , quand' era il lago conturbato del più rapido ondeggiamento, sotto lo spirare del tivàno dell'Alpi, essi confidavano i liberi pensieri, i voti misteriosi d' una più lieta aspettativa, al cielo schietto e azzurro; e nell'alterna vicenda del remigare, vedevano fuggirsi a fianco le rive, i palazzi, le ville; poi, quando il vento taceva e il lago tornava quieto miravano l'acqua disotto ripetere, come un' instabile interminata scena, il bel paese; e disopra le nubi abbracciarsi e ravvolgersi sorvolando i vertici della montagna - come se l'anima arcana della natura tutta si risentisse in un'armonica commozione di vita. Un altro giorno, invece, seguivano le viottole più erte e dirupate della costiera, e su su pel monte a lungo inerpicandosi salivano con gioia selvaggia di libertà; contenti di trovarsi soli e dimenticati su le più ardue vette, di guardare di là, per ogni parte, fin dove l' occhio poteva, l'ampio orizzonte delle pianure, de' laghi, delle Alpi e del cielo, come un immenso oceano di luce e di colori - E là, tra quelle cime, sedevano su la dispersa rovina d' un casolare sfasciato dalle acque montane, o sul tronco d' un vecchio albero sradicato dal fulmine, marcito dal tempo; e sopra i loro capi non vedevano sollevarsi che qualche rado cucuzzolo di monte, con la sua veste di neve agghiacciata, o qualche rozza croce di legno, piantata nel crepaccio d'un masso, forse da un povero pastore, chi sa da quant' anni. E, più d'una volta, cercavano nuovi sentieri su' fianchi dell' alpe, dove il terreno, scemo d' umori e di fecondità, cessa d'esser ricoperto d'erba e ombreggiato di piante, dove non altro s' incontra che qualche rara segreta sorgente col suo fresco zampillo d' un fil d'acqua, o un' ampia zolla rivestita di muscosa verzura, o d' un rosato tappeto di ciclamini. E là, per que' dossi, il giovine Arnoldo andava cercando con mano paziente l'erbe più rare, le pianticelle mi- rabili e sconosciute, che pare l'aria vi cresca con più facile germoglio, solo per la pastura d'un branco errante di capre. Giacchè egli aveva messo studio e amore a quella cara scienza dell'erbe e delle piante, che ama, intende la natura, e insegna con solitaria consolazione che in ogni angolo della terra v' è una virtù misteriosa, una bellezza. Una mattina, Arnoldo e don Carlo sedevano su d'uno degli alti terrazzi della malinconica e deserta Pliniana. Il cielo era cenericcio e nebbioso; i loro pensieri sentivano di quella solenne quiete della natura, che pare più muta e mesta, qnand'è una giornata av versa della più bella stagione. Arnoldo tenevasi spiegato sulle ginocchia il suo albo, disegnando lo schizzo della veduta che gli s' apriva dinanzi - quella fuga di monti dietro un monotono velo di nebbia; lo spumoso torrente che si rovesciava da un' erta cima a fianco del vetusto palazzo; quel cielo bigio, uniforme, che gli richiamava al pensiero il cielo della patria, una delle scene della sua mesta e cara contrada, quel sacro cantuccio di terra, in cui riposavano le ossa di sua madre. Don Carlo, poco lontano da lui, meditava scrivendo sopra un foglietto, che appoggiato a un volume della Bibbia teneva fra mano. Quando Arnoldo ebbe finito il suo disegno, a' avvicinò all' amico, e gli sì mise accanto, in atto d' aspettare: ma quegli non si riscosse, e continuava a scrivere. « Che scrivete, don Carlo? » domandò Arnoldo. « Amico mio, sono pensieri che vo gettando su questa carta, tali quali m'ardono in cuore, schietti, nudi; è un ritorno innocente alla giovinezza gia passata per me, la quale non m' è più che una memoria. Che volete? Noi Italiani, noi figli di questo cielo e di questa terra, oh no! non possiamo distaccarlo dal nostro cuore l' amor della poesia, che succhiamo forse col latte delle nostre madri, che beviamo coll'aria del nostro paese.... L'armonia del cauto è la più pura voce dell' anima!... E io, vedete, qui in quest' ora di solitudine, in questo luogo sublime, sento che mi si risvegliano nel pensiero i sogni d una volta, palmi ancora d'esser giovine, italiano, poeta!... » « Oh il vostro sentire è nobile e bello! Ditemi, ve ne prego, leggetemi il vostro canto; chè anche il cuore di chi nacque di là dell' Alpi sente e batte più forte, se la parola della bellezza lo scuote. » « Deh! che volete mai ch' io pensi e scriva? Non è, ve l' ho detto, che la tarda rimembranza d' un tempo che non torna più. Ora, la mia sorte è certa e tranquilla, il mio cuore contento. Fare a' miei fratelli quel poco di bene che per me si possa, nella condizione in che mi pose la Provvidenza, questo fu il primo mio voto, e sarà l'ultimo. » « Ma come potete voi, col cuor sì caldo, con la mente fatta pura dal fuoco dell' ingegno?... » lo interruppe Arnoldo. « Dimenticate l'uomo, e non guardate in me che il po- vero prete. Io sono un nulla agli occhi del mondo, ma c'è delle anime che non mi disprezzano. Sono que' pochi miei fratelli che vedono in me il loro unico protettore; per essi, io sono il mediatore tra i travagli di questa terra e la consolazione del Signore. Io parlo loro di semplici e sublimi verità, ed essi m'ascoltano; io raccolgo la confessione della loro debolezza, e li conforto al meglio; me li veggo inginocchiati ai piedi, e fo sopra di loro il segno della croce, il segno del perdono; io battezzo i loro bambini, e seggo accanto del loro letto di morte, e le anime n' accompagno al Creatore, benedicendole.... Che altra umana felicità poss' io invidiare?... Oh! chi intende la grandezza di codesta divina missione e la compie , con quella forza che sola la fede può dare, non ha altro affetto quaggiù, non ha altro voto, se non che sia fatta la volontà del Signore sulla terra come nel cielo! » « Queste son cose sublimi; e il vostro proposito è grande, come la virtù ch' è necessaria per adempirlo. Ma io credo, amico, che il dir addio alla gloria della scienza, alla dolcezza della vita, all'onore della patria stessa, vi deva esser costato un gran sacrifizio! e forse.... » - Ma chi mi assicurava che sarei venuto in fama, che avrei trovato nella gloria il compenso della vita spesa per la sapienza? e ciò foss' anche, è poi vero che sia questa una felicità, o almeno un riposo de' nostri desiderii?... Ah! credetelo a me! io, dimenticato nella mia oscurità, vivo più contento di voi.... E la sola cosa che adesso sparga di mestizia i miei giorni è il pensiero di mia madre e di mia sorella. Povere e buone creature esse non avranno l'appoggio che di me aspettavano.... » « Ma che potreste far di più per esse? Nel tempo che siete qui, non avete già preparata loro una condizione onesta e sicura?... » « Sì; ma dovrò abbandonarle. Pochi giorni ancora, e tornerò dove mi chiama, il mio debito sacro; che già per troppo tempo ho dimenticato. Oh! Dio mi conceda ch' io possa una volta vederle tutte e due vicine a me, sotto il mio tetto, eh' io viva con loro, sì.... perchè le amo, vedete! sono i soli legami che mi uniscono alla terra; mia madre, la donna amorevole e pietosa! mia sorella, angelo di modestia e di pazienza!... » « Non v'affliggete per loro; la virtù che si nasconde è sempre felice. Su via, aprite l'animo a più lieti pensieri; e, se non esigo troppo, leggetemi quello che avete scritto stamane, ve ne prego! » Il vicecurato stette alquanto a guardar taciturno il suo giovine amico; e poi levatosi lesse: LA VOCE DELLA FEDE.

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