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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Trento, 10 settembre 1903
Il congresso dell'Associazione universitaria cattolica trentina - Relazione del presidente
Signore, signori, colleghi! La mia relazione non sarà un nudo enumerare dei fatti e degli avvenimenti ai quali prese parte in quest’anno sociale la nostra Associazione e che ne formano la vita sua esteriore, ma piuttosto una descrizione sintetica dei moti — direi così — della sua psiche, un rilievo che faccia spiccare la logica del suo agire, la conseguenza delle sue manifestazioni.
Anzitutto una constatazione evidente: noi siamo cresciuti. Cinque anni fa, l’Associazione si agitava appena nella culla ed ora è venuta su come robusta e fiorente virago. Dopo un inverno breve ci troviamo nella nostra primavera. Ma non siamo soltanto cresciuti di numero. In questi ultimi anni, si è fatto sempre più chiaro nelle nostre menti, e nei nostri cuori, si è venuto rinvigorendo la fiamma antica per il sostegno degli amici, nella lotta cogli avversari. Est enim in nobis (direbbe Cicerone) is animus, ut non modo nullius audacie cedamus, sed etiam omnes improbos ultro semper lacessamus. Siamo cresciuti di energie, di coraggio. Tuttavia ogni qual volta ci troviamo a rendere conto ai nostri amici, ne chiediamo il compatimento. Tanto è difficile il nostro sentiero, tanto alto e inaccesso il compito nostro. Non temo smentita quando asserisco che la nostra società tiene nelle nostre organizzazioni uno dei posti più avanzati, e l’essere per gran parte dell’anno tagliate le comunicazioni col grosso dell’esercito cattolico, rende oltremodo faticoso il lavoro di educazione e di formazione interiore. Eppure in questo proposito si é fatto molto, e s’io volessi oggi riferire tutto quanto accade anche solo nei due ultimi semestri nelle Unioni locali di Vienna e di Innsbruck per l’educazione dei soci, non mi basterebbero i pochi minuti assegnatimi. Si racconta che i bambini negri, al passaggio delle cavallette, siedono sul deserto per pigliarle nell’aria a bocca aperta ed ingoiarle come fossero leccornie. Simile avviene nel deserto anticattolico che li circonda, e se considerate che accade spesso anche a persone vecchie ed assennate di prendere qualche locusta liberale per una leccornia cattolica, comprenderete la difficoltà di tenerci nel campo delle idee sulla via maestra. Tuttavia noi, fiduciosi in Dio e nella virtù della nostra stirpe, andiamo formandoci da noi stessi in mezzo, ma contro lo spirito anticristiano di oggidì, né ci lasciamo come il piombo inerte fondere in qualunque forma da una mano qualunque. Di questi sforzi che noi facciamo contro corrente poco appare all’esterno, ma la relazione fatta dai giornali delle nostre feste, vi dà anche la risultante di tutte le nostre fatiche, coronate dal radicarsi in noi delle convinzioni e dell’entusiasmo crescente, dimostrato in queste occasioni solenni. L’istruzione che venne data nelle adunanze settimanali, versò specialmente sulle relazioni fra la fede e la scienza o sulla molteplice questione sociale. Noi, o signori, non pretendiamo che i nostri soci diventino tutti propagandisti, ma pretendiamo che ognuno si occupi nelle ore libere in modo specialissimo delle questioni che si agitano ora, perché è qui che trovate anche le nostre ragioni d’essere, i nostri diritti di diventare sempre più. È inutile che i nostri colleghi avversari cerchino differenze e contrasti nel campo nazionale. No, no, signori miei, voi evitate la questione prima, in cui vi sentite troppo malsicuri per accettare la prova. Cristiani o non cristiani e socialmente cristiani, ecco la questione. Nel campo religioso e sociale anzitutto erigiamo le nostre colonne, le quali staranno secolari come le colonne dei nostri templi, malgrado le folle che vi si accalcarono d’intorno.
Le nostre conferenze popolari si mantennero sempre in questo indirizzo. Parecchi colleghi hanno già percorso gran parte del Trentino nella propaganda e delle simpatie che hanno guadagnato sono testimonio di plauso e la presenza, o l’adesione di moltissime società operaie a questo nostro congresso. Parecchie furono anche le conferenze d’igiene popolare a cui va data una lode speciale al d.r Pizzini che, nel breve tratto di sei mesi, ne tenne otto, applauditissime. Noto quest’anno anche un aumento della collaborazione alla nostra stampa, quotidiana e settimanale, che vorremmo fosse oggetto di attenzione speciale da parte dei colleghi. Solo una cosa abbiamo da deplorare che intorno al periodico edito dall’Associazione non vi sia maggiore intensità di lavoro e maggior buon volere, ma abbiamo ragioni per assicurare che questo lagno chiuderà un periodo triste. L’appoggio che trova il piano finanziario fatto nel I Congresso cattolico, ci dice che molti dei nostri amici non aspettavano che il nostro appello. Li ringraziamo vivamente. Vedano i colleghi di pensare più efficacemente alla collaborazione specialmente quelli che, liberi dalla pressura della propaganda, vi dovrebbero consacrare almeno gli ozi della vacanza.
Alla questione universitaria accenno brevemente, perché è stata oggetto di discussione nell’adunanza privata. Nel comizio convocato l’anno scorso a Natale abbiamo offerto alla causa dell’università italiana l’appoggio dei cattolici trentini, cioè della maggioranza del paese. Per tutta risposta ci hanno esclusi dai comitati. Per certa gente sono italiani soltanto i liberali, come Hutten in tedesco voleva dire luterano. Ora si è inaugurata solennemente una nuova tattica: quella di ignorarci. E la tattica del «volere e non potere». e finora non ce ne siamo accorti granché. Noi invece seguiremo attentamente le mosse degli avversari, sempre pronti a discuterle, e del resto continueremo tranquillamente per la nostra via, come abbiamo fatto durante l’ultima fase della questione universitaria. Per tutto questo rimandiamo alle nostre dichiarazioni precedenti.
Signore e signori! Noi abbiamo avuto durante quest’anno sociale anche delle tempeste e dei temporali ma furono temporali di primavera; e vi passiamo sopra, per considerare soltanto la bellezza della stagione. L’appoggio dei cattolici, specialmente quello autorevole di gran parte del clero, la solidarietà delle organizzazioni democratiche cristiane di cui offre un esempio così bello questa adunanza, ci testificano che la fiducia in noi è aumentata, che si vede in noi giovani che hanno serietà di propositi, occhio e cuore per i tempi che corrono. Signori! Tutti noi, vecchi e giovani, abbiamo comuni due grandi amori: l’amore alla Chiesa cattolica, e quell’altro complesso di idee e sentimenti, che io chiamerei il «trentinismo», l’amore a questa nostra patria, che vogliamo difendere tanto dai nemici esterni che interni. Conservatori e innovatori ad un tempo, speriamo e prepariamo tutti un mondo nuovo, un’era novella che assomigli a tempi migliori. L’era d’oggi pare anche a noi, come a Fichte, un’ombra che si aggira gemendo sopra il suo corpo, dal quale l’ha cacciata un’infinità di mali, che invano tenta tutti i mezzi per ritornarvi dentro. Aure vitali circondano già quel corpo, ma esso non ha senso per loro, già dentro si sente il rumore di quella vita che dovrà farne una figura si bella; ma non basta. Che dobbiamo fare? Anche l’aurora del nuovo mondo è sorta di già ad indorare le cime dei monti e fa immaginare lo splendore del giorno che verrà. Ebbene prendiamo questi fasci di luce, in cui si intravede la nuova giornata, e teniamo il dinanzi come specchio all’anima avvilita, al corpo morto. E ritornerà l’anima nel corpo e ritornerà la vita e si rinnoveranno i tempi. Signori! Se questo congresso potrà mandare solo un raggio quale specchio salutare sul nostro tempo, oggi celebriamo una festa, che sarà segnata nella nostra storia.