Available for academic research purposes only
Codifica XML-TEI secondo le norme del progetto PRIN
PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Demolizione di opere parzialmente difformi e pregiudizio alle parti conformi
L'abuso da cui trae origine la vicenda (il prolungamento della pianta dell'edificio di tre metri) è manifestazione dell'imperversante "miniabusivismo edilizio", da contrastare come fenomeno di diffuso malcostume e non di commissione di vero e proprio illecito. Nella ricostruzione di un fabbricato in zona agricola, vengono realizzate alcune parti difformi dalla concessione, senza richiesta di variante. Dopo avere respinto l'istanza concessione in sanatoria, il Comune respinge anche la domanda di sanzione pecuniaria in luogo della demolizione delle parti difformi. La sentenza di primo grado afferma che la compromissione della funzionalità dell'intero fabbricato, conseguente al ripristino, giustifica la conservazione delle parti difformi mentre, secondo il giudice d'appello, abdicare alla demolizione per l'"eccessiva onerosità" dell'intervento, trasforma l'istituto in una sorta di ''condono mascherato''. Insomma "summum jus". Il conflitto fra le decisioni non è solo interpretativo ma indicativo di una certa ''vetustà'' degli approcci tradizionali al problema e della necessità di una più attuale lettura delle norme nel senso dalla conservazione di quanto realizzato pur nella formale mancanza di titolo ma nella sostanziale compatibilità con il territorio e l'ambiente, considerando gli aumenti di volumetria e di superficie utile nel più ampio schema di perequazione. Troppe volte i ''mini-abusi'' non confliggono con la tutela dell'ambiente e del territorio ma con il puntiglio delle amministrazioni locali: vanno senz'altro evitati e repressi e non scrivendo leggi nuove ma applicando con maggiore decisione (e buon senso) quelle che ci sono.