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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Responsabilità colposa e "accanimento terapeutico consentito"
La sentenza in commento offre lo spunto per riflettere su un problema per certi aspetti nuovo del diritto penale della medicina: quello degli eventuali profili di responsabilità penale del medico che su espressa richiesta del malato intervenga chirurgicamente nel tentativo di procrastinare il momento della morte, nonostante per la scienza medica da quel trattamento "non si possa fondatamente attendere un beneficio per il paziente". I profili rilevanti che vengono esaminati concernono: a) l'incidenza della volontà del paziente sui confini dell'accanimento terapeutico; b) la rilevanza a titolo di omicidio colposo di un intervento 'disperato' e non riuscito, richiesto dal paziente al fine di inseguire (pur remote) possibilità di auspicato prolungamento (anche minimo) della vita. In particolare, da un lato si evidenziano i rischi connessi all'adozione di una lettura esclusivamente oggettiva della nozione di 'accanimento terapeutico' e dall'altro si dubita della possibilità di riconoscere natura cautelare (e su di essa fondare una responsabilità a titolo di colpa specifica) alla norma del codice deontologico asseritamente violata dai medici (art. 16), che impone di "astenersi dall'ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita". Il contributo soggettivo del paziente viene infine esaminato anche allo scopo di precisare meglio i contenuti della posizione di garanzia da attribuire al medico, che va arricchita di momenti di doverosità legati all'esigenza di tenere nel debito conto la volontà del paziente stesso.